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L'analisi / 25 aprile: Direzione Pd frena Fico, ma poi c'è solo il voto

Il presidente della Camera si muove con estrema delicatezza rimanendo nel perimetro istituzionale affidatogli da Sergio Mattarella.

Fabrizio Finzi ROMA

Grande cautela di Roberto Fico che in queste ore sta preparando il secondo round di colloqui con le delegazioni di Pd e M5s. Il presidente della Camera sa di dover camminare sulle uova e si muove con estrema delicatezza rimanendo nel perimetro istituzionale affidatogli da Sergio Mattarella. Al Quirinale restano in attesa di conoscere le conclusioni che Fico esporrà domani pomeriggio al presidente. Ma è certo che ancora una volta "l'effetto tempo" condizionerà anche questa seconda esplorazione.

Il capo dello Stato è perfettamente consapevole che ulteriori strade non sono praticabili e non rischierà certo di far fallire questo tentativo per un eccesso di fretta. Quindi se domani Fico, come è altamente probabile, spiegherà al presidente di aver avuto rassicurazioni sulla volontà di dialogo tra le parti e che bisognerà aspettare la Direzione del Pd, il Colle ne prenderà atto ed elaborerà una soluzione che permetta di raggiungere questo appuntamento che è fissato ufficiosamente per il due maggio. La mossa più semplice e la più probabile è un prolungamento dell'esplorazione del presidente della Camera. Anche se è bene ricordare che l'intervallo non è corto: domani sarà il 26 aprile ed è giovedì, il due maggio sarà mercoledì prossimo. C'è quindi una settimana di mezzo.

Sette giorni pericolosissimi che possono essere un'eternità se vissuti all'interno di un quadro politico deteriorato come quello che sta vivendo l'Italia dal 4 marzo. Ma non ci sono alternative logiche: il Movimento è irremovibile nella sua decisione di restare fuori da un Governo d'emergenza o di scopo per arrivare al 2019 ed è politicamente, oltre che numericamente, anacronistico pensare di tagliare fuori la massiccia truppa parlamentare pentastellata da un esecutivo di traghettamento. In più Matteo Salvini è sulla stessa linea.

Dando per scontato che ormai si arrivi alla metà di maggio senza riuscire a formare un Governo, ecco che sale prepotentemente l'ipotesi - per alcuni un incubo - di un ritorno alle urne a ottobre. I più spericolati si spingono a prevedere una campagna elettorale balneare sotto gli ombrelloni per tornare a votare già a fine settembre. Tra leghisti e pentastellati cresce la voglia di andare a ricontarsi con il Rosatellum cercando di trasformare nei fatti il sistema in un ballottaggio virtuale. Sarebbe una campagna elettorale all'ultimo sangue, a caccia di delusi cercando il voto utile degli sconfitti. Forse un massacro per Silvio Berlusconi. Forse anche per Matteo Renzi che potrebbe proprio da questa incognita trovare le energie per un cambio di linea. Quel che è certo è che i margini per strategie e tatticismi si stanno velocemente riducendo. Al Colle ne sono consapevoli e si preparano al dopo due maggio. Se si chiudesse anche la pista di un accordo M5s-Pd Sergio Mattarella sarà costretto a intervenire. Malvolentieri, sapendo però di averci provato in tutti i modi. 

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