(ANSA) - TERNI, 09 MAG - Il virus non è sconfitto ma in
Umbria, dove si è arrivati a toccare per due giorni consecutivi
contagi zero e oggi conta un solo nuovo caso, a due mesi dal
lockdown, la pressione sulle terapie intensive si alleggerisce.
Considerata regione benchmark italiana per la gestione
dell'emergenza Covid-19, con una media di decessi inferiore a
quella del resto del Paese e dei guariti superiore ai dati
nazionali, l'Umbria ha praticamente raddoppiato i posti di
terapia intensiva per l'emergenza Covid-19. Anche se a ora dei
51 ricoverati attuali per il virus, solo sei sono in terapia
intensiva.
"Dall'inizio della pandemia possiamo dire che la pressione
sulle terapie intensive si sta alleggerendo - ha confermato la
dottoressa Rita Commissari che dirige il reparto di
Rianimazione e anestesia dell'ospedale di Terni - ma noi, sin
dall'inizio, siamo riusciti ad organizzarci per affrontare una
situazione molto più difficoltosa di quella attuale e questo ci
ha permesso di affrontare con sicurezza, tranquillità
l'emergenza coronavirus".
"In Umbria la letalità è più bassa rispetto ad altre regioni
- ha proseguito la responsabile della Rianimazione di Terni - e
il nostro sistema sanitario è di qualità, è stato in grado di
far fronte a questa emergenza e mettere a sistema tutti i
servizi necessari, dalla rete territoriale alle aziende
ospedaliere, agli ospedali più piccoli. Poi i numeri non
travolgenti, come in alcune regioni del nord, ci hanno
sicuramente aiutato. Come anestesisti e rianimatori siamo
abituati a fronteggiare situazione critiche e a trattare
insufficienze respiratorie molto gravi - ha spiegato la
dottoressa Commissari - come appunto l'insufficienza
respiratoria causata dal coronavirus ma non era mai capitato di
trattare in una terapia intensiva un numero così elevato di
affetti dalla stessa patologia".
E nella lotta al Coronavirus c'è anche l'impegno contro la
solitudine e l'isolamento sanitario del malato, lontano dai
propri cari. "All'interno della nostra terapia intensiva tutti i
giorni - spiega la dottoressa - il medico di guardia chiama i
familiari a casa e li informa di tutto ciò che si sta facendo e
di come sta procedendo la malattia. Non solo. Per i pazienti che
sono in grado di comunicare abbiamo utilizzato degli smartphone
per farli parlare con i familiari. Nella nostra azienda,
inoltre, è attiva una collaborazione con il servizio di
psicologia clinica, vale a dire che i nostri psicologi
contattano le famiglie dei nostri pazienti e, coloro che
ritengono opportuno un interessamento, iniziano questo percorso.
Abbiamo anche il nostro padre Angelo che fornisce il supporto
religioso ai nostri malati e alle famiglie quando lo richiedono.
Questo ci ha consentito di 'umanizzare' al massimo questa
esperienza che ha isolato le famiglie per ovvi motivi".
Un'altra faccia della malattia che ha portato a un legame
profondo tra i malati e chi ogni giorno si occupa di loro. "Le
emozioni sono tantissime in queste situazioni - ha sottolineato
la dottoressa Commissari -, veramente forti che non
dimenticheremo mai. Il piacere di vedere il sorriso e il pianto
di alcuni pazienti che sono usciti da veri e propri incubi. Le
loro parole, le loro emozioni così come le emozioni dei loro
familiari. Sicuramente è una esperienza che avrà su tutti noi un
impatto che non dimenticheremo mai". (ANSA).