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Quel pugile 'nero' del Duce ignorato da Mussolini

In sala il documentario di Saccucci dedicato a Leone Jacovacci

Nonostante il titolo, Il pugile del Duce, non c'è neppure l'ombra di Mussolini nei 90 minuti del docu-film di Tony Saccucci, in sala con l'Istituto Luce dal 21 marzo 2017 (Giornata mondiale contro il razzismo). Perché questa storia vera, quanto incredibile, di Leone Jacovacci, campione europeo nel 1928, nasconde qualcosa che il regime volle censurare: il pugile, tanto amato dalle piazze, era infatti tanto italiano quanto nero. Esattamente: metà italiano e metà congolese, e un campione 'nero' allora era improponibile.

Una storia straordinaria la sua, volutamente sepolta e solo da poco venuta alla luce grazie a Mauro Valeri, sociologo e autore del saggio biografico 'Nero di Roma' da cui è liberamente tratto il film. E c'è da raccontare di questo Jacovacci, grazie anche archivi Luce, un uomo forte quanto intelligente che passa attraverso molti paesi, dall'Inghilterra alla Francia, adottando, ad hoc, identità e paesi di provenienza, il tutto per poter combattere nonostante il suo colore della pelle. Leone parlava così perfettamente quattro lingue, cinque col romanesco. Era italiano e forse anche fascista, ma quando decide di tornare in Italia tutto si complica, nessuno sa neppure della sua origine italiana. Prima dell'incontro per il titolo europeo, impiega ben quattro lunghi anni per poter ottenere il titolo di pugile 'italiano' e quando poi la sera del 24 giugno 1928, allo stadio Nazionale di Roma, davanti a quasi 40.000 spettatori, Leone Jacovacci si laurea campione europeo, tutto precipita. Dopo l'incontro, il Duce lo fa come cancellare dalla storia d'Italia (il filmato originale dell'incontro - su cui ruota parte del documentario - viene addirittura manomesso) per sostituirlo con il 'bianco' Carnera.

"Il merito di questo film va tutto al libro di 480 pagine di Mauro Valeri 'Nero di Roma'. È lui che mi ha detto la spinta emotiva per girare questo film a cui ho lavorato maniacalmente in maniera filologica", spiega oggi a Roma Saccucci. "Il razzismo in Italia ha delle caratteristiche particolari, per noi è lo straniero in quanto tale, per altri paesi è invece solo un cittadino di colore diverso - dice invece Valeri che, tra l'altro, ha un figlio di colore proprio come Jacovacci -. Nel 1940 i meticci prendevano per legge la cittadinanza del genitore indigeno aggiunge -, una legge cambiata solo nel 1947. Ma in Italia non è stato sempre così. Nella prima guerra mondiale c'erano ben quattro generali di colore e anche il primo aviatore italiano è stato un nero". E da Valeri anche un appello suscitato dalla sensibilità del figlio: "una volta guardando la tv, mio figlio mi ha detto: ma io dove sto? In realtà in Italia ci sono cinque milioni di stranieri, ma sembra che il piccolo schermo non se ne sia ancora accorto".


   

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