Salvare la cultura, come fecero gli Stati Uniti durante la Grande Depressione, attraverso uno straordinario piano di aiuti pubblici per sostenere gli artisti più giovani. Il mondo dell'arte è stato tra i settori più colpiti dall'emergenza da coronavirus: musei e gallerie chiuse, aste sospese, grandi eventi rinviati e in attesa della ripresa, che si annuncia lenta e faticosa, Hans Ulrich Obrist, immaginifico direttore artistico dell'innovativa Serpentine Gallery e guru della scena artistica londinese, si unisce al coro degli appelli per un massiccio piano d'interventi. "Ho avuto la fortuna di conoscere la famosa fotografa Helen Levitt - le parole di Obrist all'ANSA -. Lei sosteneva che se ci fosse stata un'altra grande crisi sociale-politica-economica, grave come quella negli anni '30, ci sarebbe stato bisogno di un secondo New Deal". Stagione in cui l'amministrazione Roosevelt non esitò a mettere sotto contratto statale più di 3.700 artisti, pagando loro 75 dollari per ciascuna delle quasi 16.000 opere realizzate in quegli anni, destinate agli uffici pubblici: non tutte di eccelsa fattura, eppure preziose nella tutela e valorizzazione del ruolo della cultura nella società americana.
"Mi pare molto importante - ha incoraggiato Obrist, svizzero trapiantato nel Regno Unito e cittadino del mondo - che diversi aspetti di quel New Deal siano trasferiti in una sorta di New New Deal per il secolo XXI. Non dobbiamo solo sostenere l'arte, ma anche approfittare di questa crisi per decentralizzarla, portarla in luoghi insoliti e nel contempo incoraggiare i giovani artisti". Giovani talenti di cui si ha estremo bisogno - secondo Obrist - soprattutto in tempi così difficili da decifrare: perché, "come diceva Gerard Richter, l'arte è la più alta forma di speranza". Arte intesa come contenuto culturale, ma anche indotto economico, del resto. "In Gran Bretagna, per esempio, il settore cultura in generale ha contribuito a rilanciare tutta l'economia dopo la crisi del 2009", ha concluso Obrist. Un precedente da non dimenticare.