Se hai scelto di non accettare i cookie di profilazione e tracciamento, puoi aderire all’abbonamento "Consentless" a un costo molto accessibile, oppure scegliere un altro abbonamento per accedere ad ANSA.it.

Ti invitiamo a leggere le Condizioni Generali di Servizio, la Cookie Policy e l'Informativa Privacy.

Puoi leggere tutti i titoli di ANSA.it
e 10 contenuti ogni 30 giorni
a €16,99/anno

  • Servizio equivalente a quello accessibile prestando il consenso ai cookie di profilazione pubblicitaria e tracciamento
  • Durata annuale (senza rinnovo automatico)
  • Un pop-up ti avvertirà che hai raggiunto i contenuti consentiti in 30 giorni (potrai continuare a vedere tutti i titoli del sito, ma per aprire altri contenuti dovrai attendere il successivo periodo di 30 giorni)
  • Pubblicità presente ma non profilata o gestibile mediante il pannello delle preferenze
  • Iscrizione alle Newsletter tematiche curate dalle redazioni ANSA.


Per accedere senza limiti a tutti i contenuti di ANSA.it

Scegli il piano di abbonamento più adatto alle tue esigenze.

Mondo
  1. ANSA.it
  2. Mondo
  3. Europa
  4. David Cameron 10 anni dopo, uomo del destino suo malgrado

David Cameron 10 anni dopo, uomo del destino suo malgrado

Saldo a Downing Street, ma pesano Libia e azzardo sulla Brexit

Sul carisma di David Cameron i dubbi restano piu' numerosi delle certezze. Ma a 10 anni esatti dalla sua ascesa, neppure quarantenne, al vertice dei Tory (6 dicembre 2005) è difficile negare all'attuale primo ministro britannico il titolo di uomo del destino per il Partito Conservatore post-thatcheriano.

Salito alla ribalta come la risposta conservatrice a Tony Blair - anche per la telegenia e l'attenzione quasi maniacale all'immagine mediatica - Cameron si ritrova un decennio piu' tardi saldamente installato a Downing Street, dove approdo' nel 2010 dopo un apprendistato quinquennale a capo dell'opposizione, e dove si e' visto confermare per un secondo mandato alle elezioni di maggio. Il decimo anniversario della sua leadership viene a coincidere con una convincente vittoria parlamentare: il via libera dei Comuni all'allargamento alla Siria dei raid della Raf contro l'Isis.

Una sfida vinta dal governo, grazie anche alla spaccatura interna ai laburisti, e che rappresenta una sorta di atto di riparazione della cocente bocciatura incassata un paio d'anni fa, quando l'obiettivo sarebbe stato quello di bombardare le forze del presidente Bashar al-Assad. 

L'onda positiva non può tuttavia esaurire - e non esaurisce - il bilancio di una carriera. Tanto più un bilancio ancora aperto. Nel gioco delle luci e delle ombre andranno dunque inevitabilmente valutati gli effetti di questa nuova stagione di interventi militari oltre confini. Ma anche e soprattutto il risultato del referendum sulla permanenza della Gran Bretagna nell'Ue, il parto più controverso della sua strategia di governo: un gioco d'azzardo - affrontato secondo molti osservatori per puro calcolo di politica interna, e forse anche per una certa sudditanza all'euroscetticismo di casa sua - che se mai dovesse sfociare nella cosiddetta Brexit ne marchierebbe in modo indelebile l'eredita' storica.

Nato a Londra il 9 ottobre 1966, David William Donald Cameron, Dave per gli amici, appare oggi un po' il simbolo di cosa significhi far fruttare una buona stella. Figlio di una aristocratica e di un broker erede di una facoltosa famiglia di finanzieri, ha alle spalle tutto il cursus honorum dei privilegiati del regno: liceo a Eton - allevamento esclusivo dei rampolli maschi bennati - universita' a Oxford e quindi carriera tutta interna alle stanze dei bottoni del Partito Conservatore. Il matrimonio da upper class con l'elegante Samantha, che gli ha dato tre figli, ne ha poi completato il pedigree, mettendo una pietra sopra qualche fugace esperienza da signorino scapestrato - fra passaggi di droga e riti stravaganti nelle confraternite universitarie d'elite - ricordato con qualche imbarazzo solo nella recente biografia non autorizzata dell'ex amico e padrino deluso Lord Ashcroft. Quando spunto' sulla scena che conta, candidandosi nel 2005 alla guida dei Tory dopo una prima corsa fallita alla Camera dei Comuni nel 1997 e una seconda coronata da successo nel 2001, non pochi avevano dubbi sulla sua figura. Leader giovanile della leva Thatcher, Cameron appariva per alcuni versi un ritorno al passato rispetto alla rivoluzione sociale imposta a fine anni '70 nei ranghi conservatori dall'indomabile Lady di Ferro, la "figlia del droghiere". Al punto che il Sunday Times ne irrideva l'entourage old style sottolineando come non si fosse mai vista "una simile concentrazione di etoniani dai tempi di Harold MacMillan": premier paludato a cavallo fra gli anni '50 e '60.

Eppure quel ragazzo nato col cucchiaino d'argento in bocca, e fattosi spedire in gioventù senza esitazioni in missione nel Sudafrica razzista (mentre Nelson Mandela languiva ancora in galera), si e' rivelato in grado di consolidare un profilo vincente in un partito che - dopo l'era Thatcher-Major e prima di lui - si era ritrovato a dover cambiare guida, di batosta in batosta, tre volte in otto anni. Un profilo 'centrista' per gli standard Tory, ma capace all'occorrenza di flirtare di qua e di la', dalle posizioni progressiste sulle nozze gay, a qualche richiamo ultraliberista in materia economica, al rapporto a fasi alterne con l'anima più euroscettica della destra inglese: in perfetta sintonia con l'esigenze di quella che Zygmunt Bauman ha descritto come "la societa' liquida" del nostro tempo.

Poco importa. Se per le cronache il successo politico si misura con i risultati elettorali e la tenuta al potere, David Cameron ha molto dalla sua. Ha sconfitto in rapida successione i laburisti Gordon Brown ed Ed Miliband, tiene a bada per ora senza pericoli Jeremy Corbyn 'il rosso', ha portato l'economia del regno alla ripresa post-crisi (squilibri sociali e dati negativi sulla produttività a parte) e può sperare di cedere in eredita' il numero 10 di Downing Street al suo cancelliere dello Scacchiere, George Osborne: quasi un clone. Quanto alla storia, sarà il tempo a confermare o meno i dubbi suscitati dalle 'sue guerre', a cominciare dall'avventura libica del 2011 in team con Nicolas Sarkozy e Hillary Clinton. Mentre potrebbe essere l'esito del referendum sull'Europa a far svanire tutto il resto: decretandone, in un solo giorno, il fallimento.

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

Video ANSA



Modifica consenso Cookie