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Binoche, sono diventata umana tra i ghiacci

Apertura con 'Nessuno vuole la notte' di Isabel Coixet

Una lunga storia di ghiacci, amore e solidarietà femminile, ispirata a una vicenda vera, è quella che aprirà stasera con Nessuno vuole la notte di Isabel Coixet la 57/a edizione del Festival di Berlino. Apertura traballante, almeno a giudicare dalle impressioni della prima stampa, e anche da un certo nervosismo della stessa regista in conferenza. Super-protagonista di questo blockbuster europeo una Juliette Binoche che ha ricordato come "la natura estrema possa trasformare in meglio una signora della New York bene e farla diventare un essere umano". Siamo in Groenlandia nel 1909. Josephine Peary (Binoche) è una donna, innamorata di suo marito, il celebre avventuriero artico Robert Peary, un uomo che ha un solo desiderio: piantare, prima di ogni altro, una bandiera al centro del Polo Nord. Così per lui, che sembra disperso da giorni e giorni, Josephine si avventura tra i ghiacci e nella notte del Polo, mettendo a rischio uomini e cani da slitta. Un'avventura che la trasformerà lentamente da donna borghese in un essere umano. Quando arriva all'ultimo campo base non trova il marito, che sembra si sia spinto ancora più avanti, ma una inuit di nome Allaka (Rinko Kikuchi) che scoprirà aspettare un figlio dal marito.

Tra le due donne nascerà una solidarietà tutta femminile, specie quando si ritroveranno ad affrontare l'inverno abbracciate in un igloo nel nulla. Una solidarietà, la loro, che si rafforza con la morte del neonato. Nel film, una coproduzione Spagna-Francia-Bulgaria, oltre al premio Oscar Juliette Binoche (Il paziente inglese) e a Rinko Kikuchi (Babel, The Brothers Bloom) c'è anche, nel ruolo di un esploratore, Gabriel Byrne. "Sul set non abbiamo avvertito freddo - ha raccontato la Binoche -. In realtà abbiamo girato in studio e faceva caldissimo. Ho letto poi i libri scritti da Josephine Peary, ma devo dire che è stata la sceneggiatura che mi ha influenzato di più. Il mio personaggio - ha sottolineato - scende dal piedistallo, perde orgoglio e diventa finalmente umano. Questo è l'insegnamento del film". Isabel Coixet non ha mancato di polemizzare, facendo riferimento al rapporto tra i sessi e cinema. "Credo che tentare di vivere girando film, oggi, in un'epoca in cui essere cineasti non è più così rilevante, sia una strada piena di buche. Non voglio la strada spianata, ma pretendo lo stesso numero di buche di un regista maschio". Mentre sulla questione gender, ha replicato seccata: "Che noia parlare delle problematiche gender. Il film parla da sé, le protagoniste hanno la vagina". Sono già sei i film di Isabel Coixet passati alla Berlinale, inclusi My Life Without Me (2003) e Elegy (2008) in competizione. Nel 2009 La Coixet poi è stata membro della giuria internazionale.

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