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Sbarco in Normandia, 70 anni fa il D Day

All'alba del 6 giugno, una delle più importanti e decisive azioni militari della seconda guerra mondiale, lo sbarco delle truppe alleate del generale Eisenhower

"Quel giorno mi cambiò la vita, per sempre". Racconta senza sosta all'ANSA il suo D-Day, Roy Ritchley, che 70 anni fa esatti si lanciò col cuore in gola e il suo paracadute da un aereo Dakota sulla Normandia mentre la contraerea tedesca faceva il tiro al bersaglio per fermare l'invasione alleata dal cielo. Il parà inglese del 13esimo battaglione è uno dei veterani che viaggiano a bordo del Normandie, un traghetto che in questi giorni ha trasportato centinaia di ex combattenti dall'Inghilterra a Caen per le celebrazioni del 'giorno più lungo'. Quella di Roy non era un'unità come le altre, ma un commando con altri pochi soldati scelti che doveva unirsi alla resistenza francese nella zona di Caen e "fare più danni possibile" per permettere l'avanzata delle truppe anglo-americane che dovevano prendere le spiagge dello sbarco e avanzare verso l'interno della Francia.

"Mi hanno ferito in vari punti, mi hanno sparato qui alla gamba, e qui", spiega l'88enne di Londra, seduto sulla sedia a rotelle e col suo basco da parà sulla testa. "Il lancio dal Dakota non avvenne sul punto giusto e quattro dei miei finirono su una caserma della polizia militare tedesca, vennero fucilati sul posto come spie". Roy è accompagnato da due amici più giovani che anche se conoscono le sue peripezie a memoria pendono ancora dalle sue labbra mentre lui ricorda. "Operavo sempre dietro le linee, ho ucciso 38 tedeschi senza sparare un colpo, la mia arma era la baionetta per non farmi sentire", continua, infilzando l'aria con le mani. La sua storia, non raccontata in nessun libro, va avanti: Ritchley venne catturato dai tedeschi, torturato, finì in prigionia in Cecoslovacchia e venne liberato dai sovietici ai quali si unì fino alla presa di Praga. "Quei giorni non devono ripetersi, mai più, è stato terribile. Io torno qui ogni anno per ricordare, dal 1946, chissà se l'anno prossimo ci sarò ancora". Le file dei veterani continuano ad assottigliarsi: quelli britannici sono meno di 500 sulle 61.000 truppe di Sua Maestà che presero parte allo sbarco. Al fucile hanno sostituito il bastone, si sono dimenticati molto nei loro decenni di vita in pace ma quei giorni in guerra restano indelebili. Come per John Dennett, 89 anni di Liverpool, che il 6 giugno ai comandi di un mezzo da sbarco portava le truppe inglesi a Sword Beach, la stessa spiaggia su cui si sono riuniti oggi i grandi della Terra per celebrare il 70esimo anniversario.

"Non dimenticherò mai la quantità di navi che si stagliava all'orizzonte, il mare ne era ricoperto", ha affermato. "Avevo 19 anni e penso ai miei coetanei di allora che non sono tornati. Bisogna ricordare, ecco perché vado nelle scuole e incontro i bambini". A bordo del Normandie e nelle tante cerimonie nei villaggi francesi i veterani si fermano sempre a parlare coi più giovani, si portano in viaggio i loro nipoti, per lasciare a qualcuno la loro eredità di testimonianze. E fra la gente del D-Day ci sono le persone più singolari. Come Claudia Neundorf, una signora tedesca di 60 anni, troppo giovane per aver vissuto gli anni della guerra. C'è anche lei a bordo della nave dei veterani, viaggia sola e all'alba si piazza a prua, guardando l'orizzonte dove 70 anni fa i mezzi da sbarco si avvicinavano alle spiagge carichi di uomini. "Penso a quei ragazzi, americani, britannici, canadesi, io sono qui per loro, non per i miei connazionali che erano dall'altra parte e difendevano il nazismo", afferma, mentre le scendono le lacrime. "La Germania è andata avanti da allora ed è importante che Angela Merkel sia qui oggi". Claudia ha visitato tutti i più importanti campi di battaglia e i cimiteri militari alleati in Europa, compresi quelli di Cassino e Anzio in Italia. "E' il mio modo per ringraziare quei ragazzi della mia libertà".

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