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Malagò: 'Questa non è riforma, è occupazione del Coni'

'Se riforma nel 2019 mi dimettevo, ora non mollo'

"Questa non è la riforma dello sport italiano, non c'entra nulla. Questo è un discorso in modo elegante di occupazione del comitato olimpico italiano". Lo dice il presidente del Coni, Giovanni Malagò, parlando ai membri del consiglio nazionale in corso in riferimento alla riforma del Coni contenuta nella bozza della manovra.

 "Fa sorridere che proprio Malagò parli di occupazione quando lui è il maggior esperto in questa disciplina. Questa riforma renderà finalmente partecipe tutto il mondo sportivo che non sarà più gestito in maniera monopolistica. Malagò se ne faccia una ragione: con questa riforma lo sport italiano avrà investimenti, qualità e trasparenza" ribatte Guido Guidesi, sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento.

 "C'è una precisa, fortissima volontà della politica di oggi di trasformare il Comitato, il più prestigioso al mondo". Così Malagò rivolgendosi ai membri del Consiglio nazionale in riferimento alla riforma del Coni contenuta nella bozza della manovra. Con la riforma "diventa l'ultimo comitato olimpico del mondo, questo è sicuro, certificato, matematico. Conosco perfettamente la materia: nessun comitato al mondo si occupa solo della preparazione olimpica".
   
"Come si può pensare di creare una società e chiamarla 'Sport e Salute'? Se clicchi su internet è tutto un proliferare di massaggi e centri benessere. Io devo rinunciare al tricolore e ai cinque cerchi del Coni, il marchio forse più prestigioso al mondo dopo la Ferrari, per il marchio 'Sport e Salute'? Ma vi rendete conto o no?". È lo sfogo del presidente del Coni che ha riscosso una standing ovation dal Consiglio nazionale in corso. "Ma bisogna rimanere ragionevoli, realisti - ha quindi proseguito Malagò riprendendo la parola - non si devono fare battaglie inutili. Non c'è nessuna guerra. Ma non possiamo, in modo corretto, educato ed elegante, non raccontare la storia".

"Se questa riforma fosse iniziata a fine 2019 mi sarei dimesso contestualmente. E se dico che mi dimetto mi dimetto, ma io non abbandono la mia barca a cinque mesi dalle Olimpiadi. Non lo faccio, ma c'è una profonda illogicità in questo documento". Lo dice il presidente del Coni, Giovanni Malagò, parlando al Consiglio nazionale in merito alla riforma in materia di sport che coinvolge il Coni inserita nella bozza di manovra. "Abbiamo fatto notare - ha poi precisato Malagò - che questa riforma non è applicabile nel 2019 e ci è stato risposto che è per il 2020: peggio mi sento, nell'anno delle Olimpiadi. Io sono stato eletto per essere presidente di un altro Coni: questo Coni (come previsto dalla nuova legge, ndr) non lo accetto. Il problema è mostruoso, clamoroso". "È un problema - ha concluso nel suo discorso durato quasi un'ora - che nessuno dei qui presenti e degli altri stakeholder meritava.
Non so cosa succederà. Oggi oltre a dire viva lo sport e viva l'Italia, dico anche viva il Coni".

Giorgetti e Valente: 'molti con noi,andiamo avanti'  - "Ci sorprende l'atteggiamento del presidente Malagò che sa bene che l'autonomia dello sport non è in discussione": così Giancarlo Giorgetti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, e Simone Valente, sottosegretario ai rapporti col Parlamento, commentano la dura presa di posizione del presidente del Coni, Giovanni Malagò, contro la riforma del governo. "Molti sono con noi, ci incoraggiano ad andare avanti e così faremo con serenità", aggiungono Giorgetti e Valente, ribadendo che la riforma rispetta il contratto di governo.

Malagò, da contratto governo? non è vero  - "L'unica cosa che dico, e lo sanno bene sia Giorgetti che Valente, è che non è vero che è la volontà della legge rispettare il contratto di governo. E lo hanno ammesso anche loro con grande onestà". Lo dice il presidente del Coni, Giovanni Malagò, riferendosi alla legge di riforma del mondo del Coni a margine del Consiglio nazionale del Coni andato in scena a Palazzo H. È la risposta ai sottosegretari Giorgetti e Valente, che in una nota congiunta hanno ribadito che la riforma rispetta il contratto di governo.

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