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Pietro Grasso lascia il gruppo del Pd: 'Fiducia una violenza'

Il presidente del Senato sarà dunque iscritto al gruppo Misto

Con "questo" Pd ho chiuso. Dopo le dimissioni dal gruppo Dem Pietro Grasso ha spiegato le ragioni di una scelta che viene da lontano, maturata lentamente ed esplosa con la mancata difesa da parte del suo partito al momento della richiesta della fiducia sulla legge elettorale. "Ho ritenuto di lasciare questo Pd perché non mi riconosco più né nel merito né nel metodo", ha scandito questa mattina circondato dai giornalisti che gli chiedevano il perchè delle sue dimissioni. E il presidente del Senato ha spiegato che il punto di non ritorno è stato raggiunto proprio con la richiesta della fiducia: "il fatto che il presidente del Senato veda passare una legge elettorale redatta in altra Camera senza poter discutere, senza poter cambiare nemmeno una virgola è stata una sorta di violenza che ho voluto rappresentare". Insomma, per Grasso il Senato non ha potuto discutere del Rosatellum per colpa del Pd.

E come ha detto Napolitano ha fatto pressioni a suo avviso indebite su Gentiloni. Immediate sono partite le sirene di Mdp che già vedono in Grasso un leader da spendere in chiave elettorale. Mentre all'interno del Pd riemergono le varie anime, e sulla figura dell'ex magistrato antimafia il Pd torna a dividersi. Lui non entra nel merito, svicola le domande sul futuro e si ritira nella sua Palermo per un fine settimana di decantazione e riflessione. Non prima di aver precisato che - naturalmente - non è in discussione la sua presidenza al Senato. Precisazione importante perchè fonti di Governo non nascondono che alcuni ministri sono irritati per l'uso della parola "violenza": "allora doveva andare da Mattarella e non dimettersi dal Pd", osservano confidando che gestirà la successiva fase parlamentare con imparzialità. Grasso comunque ha provveduto ad avvertire in anticipo le "cariche istituzionali affinchè non lo venissero a sapere dalle agenzie".

Cariche istituzionali che si riassumono in tre contatti: il presidente Mattarella, il premier Gentiloni e il capo-gruppo del Pd al Senato Zanda. Ora l'interrogativo che circola forte a sinistra è sul dove esattamente potrebbe collocarsi Pietro Grasso a pochi mesi dalle elezioni. Dentro Mdp? Potrebbe essere. Nel processo di allontanamento di tanti dal Pd renziano non ci sono troppe differenze sui contenuti. Certamente diversa è stata la velocità del distacco del presidente del Senato con il quale non sono mai state ricucite le crepe apertesi sin dalla battaglia referendaria dell'anno scorso.

Screzi antichi che richiamano alla memoria gli scontri con Renzi e con Orfini e che Grasso ha metabolizzato con una punta di amarezza, forse pensando all'offerta decisamente prosaica di Zanda di garantirgli un collegio alle prossime elezioni. Quel che è certo è che nello scorrere le dichiarazioni tra Pd e sinistra si capisce bene che gli schieramenti non sono ancora assestati.

Se il ministro Orlando spinge tutti a "interrogarsi" su questa scelta, in molti invitano il Pd a non far finta che non sia successo nulla. Renzi reagisce a suo modo premettendo di avere "pieno rispetto" per la scelta di Grasso ma chiede di non aprire una nuova polemica. Ma dai Dem escono allo scoperto anche Veltroni ("spiace, speriamo di ritrovarci presto") e Cuperlo che parla di una "sconfitta" per il Pd. D'Alema non rinuncia a evidenziare con piacere una "consonanza di giudizio".

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