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Via libera commissione Senato a ddl reato depistaggio

Casson, mandato a relatore all'unanimità, testo ora in Aula

Via libera in commissione Giustizia del Senato al ddl che introduce il reato di depistaggio con il mandato al relatore approvato all'unanimità. E' quanto annuncia, a margine della seduta in commissione, lo stesso relatore del provvedimento, il senatore Dem Felice Casson. Il testo approderà quindi nell'Aula di Palazzo Madama. Tra i punti chiave del provvedimento la previsione di una pena di reclusione da 6 a 12 anni per i pubblici ufficiali giudicati colpevoli di depistaggio.

"E' una novità molto importante che riguarda fatti molto gravi successi nel nostro passato" e che hanno arrecato "danni alla lotta alla criminalità organizzata e contro il terrorismo", spiega Casson sottolineando come il testo preveda due tipologie di reato: il primo concernente chi dice il falso o nega qualsiasi dichiarazione al giudice; il secondo che riguarda invece chi muta lo stato delle cose con la finalità di depistare. "E, se il depistaggio abbia portato alla condanna di un innocente, per esempio all'ergastolo, il pubblico ufficiale rischia una pena fino a 20 anni di carcere", sottolinea ancora Casson spiegando come l'interdizione dai pubblici uffici scatti invece per le pene superiore ai 3 anni laddove la prescrizione del reato di depistaggio subisce la maggiorazione già prevista per i reati di terrorismo.

Il testo, approvato alla Camera diversi mesi fa è stato modificato in commissione Giustizia a Palazzo Madama e, quindi, dopo l'ok dell'Aula del Senato tornerà a Montecitorio.

E' di pochi giorni fa - tra l'altro - l'appello dell'associazione 2 agosto 1980 per l'approvazione della legge.

"Come dimostrano il caso Regeni e le indagini sulla strage di Via D'Amelio - dice il deputato del Pd Paolo Bolognesi, presidente dell'Associazione 2 agosto 1980 - si denuncia il depistaggio delle inchieste senza poterlo perseguire perché il Senato non ha ancora votato la proposta di legge che lo definisce un reato penale". Bolognesi è il primo firmatario della proposta di legge (S 1627) che introduce nel codice penale il reato di inquinamento processuale e depistaggio, punito con la reclusione fino a dodici anni.

E anche la presidente della Camera, Laura Boldrini, nella giornata per le vittime delle stragi terroristiche, il 9 maggio scorso, ha chiesto che la legge venga approvata in tempi rapidi.

Il provvedimento, depositato nel 2013, dopo l'ok della Camera il 24 settembre 2014 è stato assegnato oltre un anno fa alla commissione Giustizia del Senato e, dopo 300 giorni, è stato messo nel calendario della commissione a partire dal 30 luglio per la discussione generale. Discussione che si è chiusa il 30 marzo scorso. Dopo che è stato fissato per il 12 aprile il termine per gli emendamenti ne è iniziata la votazione.

IL TESTO

Il provvedimento approvato a Montecitorio introduce nel codice penale il nuovo reato di "inquinamento processuale e depistaggio". Allo stato attuale - infatti - il nostro ordinamento penale non prevede tale reato specifico, ma solo una serie di disposizioni che puniscono la condotta di chi, in vario modo, intralcia la giustizia: come la falsa testimonianza, la calunnia e all'autocalunnia, il favoreggiamento personale, il falso ideologico, le false informazioni al pubblico ministero. Si tratta - come per il depistaggio - di comportamenti, anche omissivi, volti con diverse modalità ad ostacolare l'acquisizione della prova o l'accertamento dei fatti nel processo penale.

Il provvedimento si compone di un articolo unico. L'articolo 1, comma 1, sostituisce l'articolo 375 del codice penale per chiunque, con l'obiettivo di sviare l'indagine, modifichi il corpo del reato, lo stato dei luoghi o delle cose o delle persone connessi al reato; distrugga, sopprima, occultare o renda comunque inservibili, anche in parte, elementi di prova o li alteri.

Contro "questo vuoto normativo paradossale" Bolognesi lancia un appello affinché il Senato voti definitivamente il testo. L'appello è stato per ora sottoscritto da Salvatore Borsellino e dal Movimento delle Agende Rosse, dalla presidente della Fondazione Giovanni e Francesca Falcone, Maria Falcone, che l'ha definita "una battaglia di civiltà", e dalle Associazioni tra i familiari delle vittime delle stragi di Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Italicus, Strage 904, Via dei Gergofili. "Chiediamo al Governo e al Senato", si legge nell'Appello che sta mobilitando la società civile "di scegliere, con il proprio voto, di cancellare l'impunità garantita fino ad oggi ai depistatori, a difesa del diritto alla Giustizia e alla Verità di ogni cittadino".

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