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Da Dotti a Verdini, 20 anni di addii a Berlusconi

La lunga lista dei fedelissimi che hanno mollato il leader di Fi

La storia di Forza Italia è sempre più una storia di strappi e addii. Ora che anche l'amico Denis Verdini lo ha lasciato, a Silvio Berlusconi non restano che Gianni Letta e Fedele Confalonieri tra i vecchi compagni di viaggio che nel 1994 furono al suo fianco nella "discesa in campo". Alcuni (come Previti, Dell'Utri e Scajola) si sono eclissati per i problemi giudiziari che li hanno travolti. Ma i più se ne sono andati perché avevano smesso di condividere la visione politica del Cavaliere. E' questo il prezzo da pagare alla inamovibilità della propria posizione: se un leader di partito non può essere sfiduciato può essere solo abbandonato.


    Al di là delle posizioni politiche: oggi se ne è andato Verdini, l'uomo che ha tessuto le fila del patto del Nazareno; qualche settimana fa a sbattere la porta è stato Raffaele Fitto, che invece il patto del Nazareno non lo ha mai mandato giù. Il primo a mollare Berlusconi, appena due anni dopo la nascita di Forza Italia, fu Vittorio Dotti: avvocato civilista e consulente di Mediaset, era stato scelto da Berlusconi come guida dei deputati azzurri al loro esordio nell'aula della Camera. La fedeltà di Dotti al Cavaliere si interruppe nel 1996 quando la sua compagna Stefania Ariosto riferì ai magistrati quanto sapeva sulla vicenda della corruzione dei magistrati di Roma da parte di Previti. Fu seppellito dalle contumelie degli ex compagni di partito, molti dei quali, negli anni a venire, se ne sarebbero poi andati a loro volta. Per molti anni Dotti restò un caso isolato e marginale. I trionfi elettorali di Forza Italia cementavano l'unità delle prime e delle seconde file intorno al capo riconosciuto.


    Il grosso degli addii parte dal 2010, l'anno in cui Gianfranco Fini, "cofondatore" con Berlusconi del Popolo della libertà, si scontrò ferocemente con colui che lo aveva "sdoganato" e tolto dal ghetto della destra postfascista. La plateale rottura alla direzione nazionale del 22 aprile, passata alle cronache per il "che fai mi cacci?" urlato da Fini a Berlusconi, è il primo atto dello smottamento che ha tolto a Forza Italia la quasi totalità della classe dirigente degli esordi. Tra i primi a sganciarsi c'è Beppe Pisanu, l'ex capogruppo e ministro dell'Interno proveniente dalle file della sinistra Dc, che nel 2011 plaude alla sostituzione di Berlusconi con il professor Monti. Nel tempo si raffredda anche il rapporto con il suo superministro dell'Economia Giulio Tremonti. Più traumatica, per il Cavaliere, è l'uscita da Forza Italia di Angelino Alfano, il giovane leader che aveva scelto come suo delfino affidandogli il ruolo di segretario di Forza Italia (salvo poi rimproverargli - "gli manca il quid" - la scarsa capacità di comando). La secessione di Alfano allontana dall'orbita del Cavaliere alcuni pezzi da 90 del partito: l'ex presidente del Senato Renato Schifani, l'ex capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto, l'ex governatore lombardo Roberto Formigoni.


    E se i professori della prima ora come Giuliano Urbani si defilano dopo aver visto che la creatura da loro immaginata ha tradito le attese dei liberali, arriva il momento in cui anche i più berlusconiani del reame di Forza Italia voltano le spalle al loro monarca. Gli addii di Paolo Bonaiuti e Sandro Bondi (quest'ultimo insieme con la moglie Manuela Repetti) si spiegano con l'arrivo ad Arcore del "cerchio magico" che negli ultimi anni ha messo all'angolo la vecchia guardia. A fare le spese del nuovo corso, perfino la storica segretaria di Berlusconi Marinella Brambilla: di ritorno dalla maternità ha scoperto di non avere più incarico e ufficio.(ANSA).
   

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