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Rai: da ruolo del Cda a canone, i dubbi della Tarantola

"C'è delega su canone ma non si parla della mission dell'azienda"

Natura ibrida dell'azienda, procedure di nomina non trasparenti, incertezza sul ruolo del cda, assenza di riferimenti alla mission e alle incompatibilità. Sono diversi i punti deboli del disegno di legge di riforma della Rai individuati dal presidente della tv pubblica, Anna Maria Tarantola, nella prima delle audizioni programmate dalla Commissione Comunicazioni del Senato svoltasi il 13 maggio.

Una relazione a tutto tondo nella quale per la prima volta la dirigente ha detto apertamente la sua su governance e altri temi che - come da lei sempre precisato - competono solo al Parlamento, richiamando anche il lavoro svolto nei tre anni a Viale Mazzini. "Siamo intervenuti su diversi aspetti - ha spiegato - e voglio sottolinearlo perché a volte ho l'impressione che questi tre anni vengano considerati una sorta di limbo".

Tarantola, pur apprezzando "l'intendimento di rafforzare la configurazione di spa della Rai" e l'introduzione della figura dell'amministratore delegato, ha criticato l'impianto complessivo della riforma, che affronta il tema della governance, contiene una delega al governo sul canone e non parla invece della mission dell'azienda. Una bocciatura secca è arrivata sull'ipotesi, che il premier vedrebbe con favore, di finanziare la tv pubblica con la fiscalità generale, perché "le risorse varierebbero in funzione del bilancio dello Stato", mentre l'inserimento del canone nella bolletta elettrica, caldeggiato dal sottosegretario Giacomelli, "funziona solo a una serie di condizioni". Certo, ha sottolineato, bisogna cambiare: "Dobbiamo toglierci dalla mente l'idea del pagamento legato al possesso della tv, perché ormai i programmi si vedono su tutti i device".

Dubbi anche sul sistema delle nomine, che nel ddl competono a Parlamento e Governo. "Non si è scelto di affidare a un organo indipendente le nomine dei vertici aziendali - ha spiegato -. Fatta questa scelta, è essenziale che i consiglieri vengano scelti con procedure trasparenti che garantiscono un elevato livello di competenza". Il provvedimento è poco chiaro - secondo Tarantola - anche sul ruolo del cda e sul rapporto con l'ad nelle nomine interne.

Nel ddl - ha proseguito - "non è detto nulla su conflitti di interesse e incompatibilità" dei vertici aziendali, ipotizzando tra le soluzioni quella di un "periodo di raffreddamento" nel caso di scelta di manager provenienti da aziende concorrenti. L'intento del governo di rinnovare i vertici entro luglio dipenderà dai tempi di approvazione della riforma, ma il clima che si è respirato oggi in Commissione non lascia immaginare un percorso in discesa. Forza Italia, con Paolo Romani e Maurizio Gasparri, ha contestato lo strapotere del governo che nominerebbe un amministratore delegato con poteri rafforzati. Critiche sono arrivate anche dal Movimento 5 Stelle che, con Andrea Cioffi, protagonista di un accesso battibecco con Enrico Buemi (relatore del provvedimento con Raffaele Ranucci), ha puntato il dito tra l'altro contro l'assenza di regole sul conflitto di interessi.

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