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Renzi: responsabilità Pd su Mose. Venerdì poteri Cantone

Venerdì poteri Cantone. Ladri via a calci, rivoluzione appalti. Grasso, intervenga Dda

Un intervento "strutturale" e "radicale": nuove regole per gli appalti, il "Daspo" per imprenditori corruttori e politici corrotti. E "calci nel sedere" ai "ladri", anche a quelli del Pd. Ancora scosso dall'inchiesta sul Mose, che aggrava lo scenario emerso con l'Expo, Matteo Renzi prepara una reazione ponderata ma "ferrea". Sulla quale dice di volersi giocare la sua credibilità. Venerdì, annuncia il premier, il governo varerà il decreto che dà i poteri all'autorità anticorruzione di Raffaele Cantone. Che non avrà doti "salvifiche", come ammette lo stesso magistrato, ma "deve poter incidere". Poi, entro la fine di giugno, con la riforma della giustizia arriveranno nuove norme contro la corruzione.

La competenza a indagare su quei reati, propone nel frattempo Pietro Grasso, dovrebbe essere data alla Direzione distrettuale antimafia, che potrebbe intervenire così con i poteri della lotta alla criminalità organizzata. Inoltre, auspica il presidente del Senato, i politici corrotti dovrebbero decadere ed essere incandidabili, oltre a perdere i vitalizi. Renzi prende un treno per Napoli e al San Carlo viene intervistato da Ezio Mauro per La Repubblica delle idee. Un'ora e venti di colloquio per squadernare tutti i dossier sul tavolo del governo, dalla partita dell'Ue alle riforme, dalla disoccupazione alle crisi industriali come quella di Bagnoli. Ma dopo la deflagrazione dello scandalo del Mose, il premier non può che soffermarsi a lungo sul tema della corruzione.

Dietro le quinte incontra per pochi minuti il presidente dell'Anac Cantone. Alla platea, spiega che ha deciso di prendersi ancora una settimana per assegnargli i poteri, perché non servono "spot" raffazzonati sulla spinta dell'emergenza e "dell'ansia da prestazione" ma misure "strutturali". Dunque è a un doppio binario di risposta che pensa il premier. Venerdì Cantone riceverà poteri che gli consentiranno di "incidere" sulla "vigilanza e sulla procedura". Ma non solo: l'authority anticorruzione si vedrà affidare le competenze delle altre authority che negli anni hanno solo moltiplicato le poltrone ma "non hanno funzionato".

Inoltre, il provvedimento "ad hoc" che arriverà in Consiglio dei ministri, "recuperando le raccomandazioni della Commissione europea", conterrà norme "ferree" sugli appalti e un cambiamento "radicale" delle procedure. Il secondo capitolo, successivo di un paio di settimane, verrà inserito nella più complessiva riforma della giustizia che sta preparando il ministro Orlando. E includerà norme che garantiscano "tempi certi" dei processi e il cosiddetto 'Daspo' per bandire dagli appalti gli imprenditori corruttori e dagli uffici pubblici i politici corrotti. Un proposito che, sottolinea Cantone, ora deve tradursi in norme, da ben ponderare. Il presidente dell'Anac nega conflitti col premier e chiede di non rigettare aspettative salvifiche da 'San Cantone'.

Ma in concreto, mette alcuni puntini sulle 'i', come la necessità di cancellare la possibilità di fare i grandi appalti in deroga. Anche se non è nei risvolti delle procedure eccezionali, è invece convinto Renzi, che si annidano tutte le colpe. Non bisogna mai dimenticare, ribadisce il presidente del consiglio, che oltre le regole, ci sono i "ladri". Ed è dunque una battaglia "culturale" che va innanzitutto combattuta sul fronte della corruzione. Lui, da segretario del Pd, parte dalla necessità di non ignorare le responsabilità del suo partito: "Sarebbe fuori dalla storia" chi cercasse di negare, afferma.

"Guai a chi dice" che Orsoni "'non è iscritto'. Il problema riguarda tutte le parti politiche e anche il Pd e il centrosinistra". Nel suo Pd, assicura Renzi con enfasi, "chi ruba va a casa a calci nel sedere". Con l'occasione il premier pone fine alla polemica scatenatasi tra i suoi sostenitori e le altre anime del partito sulla diversità del Pd "nuovo" da quello "vecchio" : "Non conta dire 'a quel tempo non c'ero io'. La distinzione tra 'noi' e 'loro' non ha senso", a maggior ragione da un partito che aspira a essere "partito della nazione". A viso aperto il Pd fa valere la legalità al suo interno, senza curarsi delle accuse di Grillo sui brogli e sulla corruzione.

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