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Papa: Shimon Peres e Abu Mazen in Vaticano per incontro di pace

Francesco prega al muro della divisione. "Raddoppiare sforzi, soluzione a due Stati"

Si attendevano gesti forti, altamente simbolici, da papa Francesco in questo suo viaggio in Terra Santa. E in effetti oggi il Pontefice ha riservato più di una sorpresa, dai profondi significati per il futuro del processo di pace in Medio Oriente. Anzi, sarà pressoché un evento senza precedenti l'incontro che presto - si prevede già il mese prossimo - vedrà riuniti in Vaticano insieme a Bergoglio il presidente israeliano Shimon Peres e quello palestinese Abu Mazen (Mahmoud Abbas), invitati dal Pontefice a elevare con lui "un'intensa preghiera" per invocare "il dono della pace". "Offro la mia casa in Vaticano per ospitare questo incontro di preghiera", ha detto il Papa nelle sue parole di invito rivolte sia ad Abu Mazen a Betlemme, al Regina Caeli dopo la messa nella Piazza della Mangiatoia, sia a Peres nella cerimonia di benvenuto all'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv.

Entrambi i capi di Stato hanno subito aderito all'incontro, accettando l'invito del Papa. E poiché Peres è ormai a fine mandato e lascerà la carica nel prossimo luglio, lo storico evento in Vaticano "avverrà in tempi molto rapidi", ha assicurato il portavoce padre Federico Lombardi. L'immediata sintonia delle due parti a incontrarsi in Vaticano sotto gli auspici di papa Francesco, per quanto in un contesto "di preghiera" (che comunque è la modalità specifica di un capo religioso come il Papa per farsi promotore e testimone di pace), fa intuire che la tessitura diplomatica era già in corso. E dipinge un quadro in cui Bergoglio, in un momento di stallo dei negoziati israeliano-palestinesi in favore dei quali aveva già lanciato diversi appelli, ha fatto sì che venisse in qualche modo scavalcato il premier israeliano Netanyahu, facendosi "regista" di una storica stretta di mano in Vaticano tra i due presidenti che non potrà non avere riflessi sulla ricerca di una accordo per la soluzione al conflitto.

Ma non è stato questo l'unico gesto "a sorpresa" di Francesco nella seconda giornata del viaggio in Terra Santa. Stamane, mentre si dirigeva sulla "papamobile" aperta verso la Piazza della Mangiatoia di Betlemme per celebrarvi messa, passando vicino al muro di divisione tra Israele e Palestina Bergoglio ha fatto fermare l'auto, è sceso e si è avvicinato al muro, per raccogliersi alcuni istanti in preghiera a testa china e poggiare la mano e poi anche la fronte sulla parete istoriata di graffiti. Pur non avendo parlato del muro "della discordia" nel discorso pronunciato poco prima nel palazzo presidenziale di Betlemme, il Pontefice ha voluto mostrare così, con un gesto che vale più di mille parole, quanto senta su di sé le sofferenze provocate dalla struttura di separazione e, più in generale, dallo stato di conflitto tra i due popoli.

Quello della pace tra israeliani e palestinesi è stato il tema cruciale in una giornata vissuta dal Papa a metà tra i due Paesi. Ad Abu Mazen, a Betlemme, ha detto che la situazione di conflitto "diventa sempre più inaccettabile", ed "è giunto il momento" di avere "il coraggio della pace, che poggia sul riconoscimento da parte di tutti del diritto di due Stati ad esistere e a godere di pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti". "Si raddoppino gli sforzi e le iniziative volte a creare le condizioni di una pace stabile, basata sulla giustizia, sul riconoscimento dei diritti di ciascuno e sulla reciproca sicurezza", è stato il suo appello, anche con l'auspicio "che si evitino da parte di tutti iniziative e atti che contraddicono alla dichiarata volontà di giungere ad un vero accordo". Al pranzo al convento francescano Casa Nova, il Papa ha quindi avuto al suo tavolo alcune famiglie palestinesi, di cui ha ascoltato le sofferenze. Al campo profughi di Dheisheh, poi, i bambini lo hanno accolto alzando cartelli per una protesta silenziosa per la situazione politica del luogo: "Musulmani e cristiani vivono sotto l'occupazione". E alla difesa dei bambini, "segno diagnostico dello stato di salute della società", il Papa ha anche dedicato la messa nella piazza, davanti a diecimila persone, denunciando la "vergogna" dei tanti bimbi "sfruttati, maltrattati, schiavizzati, oggetto di violenza e di traffici illeciti", dei "troppi bambini" che "oggi sono profughi, rifugiati, a volte affondati nei mari, specialmente nelle acque del Mediterraneo".

Arrivando in Israele, davanti a Peres e Netanyahu ha ripetuto il suo appello affinché "la 'soluzione di due Stati' diventi realtà e non rimanga un sogno". "Sia universalmente riconosciuto - ha dichiarato - che lo Stato d'Israele ha il diritto di esistere e di godere pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti. Sia ugualmente riconosciuto che il Popolo palestinese ha il diritto ad una patria sovrana, a vivere con dignità e a viaggiare liberamente". Il Papa non ha mancato di ricordare, comunque, la tragedia della Shoah, "simbolo di dove può arrivare la malvagità dell'uomo", "fomentata da false ideologie", pregando "che non accada mai più un tale crimine". E con la condanna di ogni antisemitismo, ha espresso anche "profondo dolore" per gi israeliani che hanno perso la vita nell'attentato a Bruxelles, sottolineando la sua "viva deplorazione" per la sparatoria al museo ebraico della capitale belga. A conclusione della giornata, l'abbraccio col patriarca di Costantinopoli Bartolomeo e la preghiera ecumenica nel Santo Sepolcro, a 50 anni da un altro storico incontro, quello del 1964 tra Paolo VI e il patriarca Atenagora. 

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