(di Sami al-Ajrami)
Questa volta, fra i palestinesi, Israele ha colpito un nervo scoperto. In Cisgiordania le colonie sono una realtà da decenni: ma la legge sulla 'regolarizzazione' di quanto è stato finora costruito su terre private palestinesi - sia pure dietro indennizzi - è una minaccia "che prima o poi rischia di riguardare direttamente ciascuno di noi", avverte alla radio il ministro degli Esteri Riyad Malki. Nelle strade la collera verso il governo Netanyahu è forte: eppure si percepisce grande malumore anche verso l'Anp di Abu Mazen. "E' vero - ammette Malki - le nostre opzioni sono limitate". Fra di esse annovera la possibilità di rivolgersi al Consiglio di sicurezza dell'Onu, o all'Assemblea generale.
L'uomo della strada vorrebbe però vedere a questo punto passi più drastici: ad esempio lo smantellamento dell'Anp, o la sospensione della cooperazione di sicurezza con Israele.
Di fronte alla politica israeliana di colonizzazione, Muhammad Yamin, del villaggio cisgiordano di Naalin, prova un senso crescente di asfissia. Quando guarda ad Ovest, vede la barriera di separazione. Se rivolge lo sguardo ad Est, vede i tetti rossi delle colonie di Nili e di Naaleh. Può allora scrutare il panorama a Sud, dove si estende la città-colonia di Kiryat Sefer. E fuori dal villaggio, molto spesso, si imbatte in posti di blocco militari. Pittore di professione, 48 anni, Muhammad dovrebbe recarsi tutti i giorni a Ramallah, distante 17 chilometri da casa sua. Ma a volte preferisce restare in casa, per evitare dispiaceri. "La fame dei coloni sembra insaziabile", afferma. "Vogliono requisire tutte le nostre terre fino a quando gli abitanti del villaggio saranno costretti ad andarsene". E l'Anp, a suo parere, si mostra troppo arrendevole.
In una caricatura apparsa oggi sulla stampa araba Benyamin Netanyahu è raffigurato come uno scassinatore, che nottetempo fugge con la propria refurtiva: un sacco da cui spuntano lembi di terra e case palestinesi. Un altro disegnatore mostra un ebreo impegnato a dare gli ultimi ritocchi alla nuova casa, protetto dal ciuffo al vento del presidente Donald Trump.
"Ci sentiamo davvero soffocare", conferma a Ramallah Wafa Abed, una attivista di un movimento femminile. In passato era solita recarsi a Nablus o a Hebron, viaggi di alcune decine di chilometri. Ma la prospettiva di attendere per ore ai posti di blocco le taglia le gambe. "Israele - accusa - non solo stravolge la natura della nostra terra, ma attenta anche al tessuto sociale dei palestinesi", per i quali sono sempre più complessi gli spostamenti in aree disseminate di insediamenti ebraici. Anche Abed lancia frecce critiche verso l'Anp che, a suo parere, non mostra sufficiente determinazione verso Israele.
Da Voce della Palestina, il ministro degli Esteri Malki ribadisce intanto che la legge sulla 'regolarizzazione' è "non solo un furto, ma anche un tentativo evidente di impedire la costituzione dello Stato palestinese". Però, aggiunge, adesso è più saggio pazientare, vedere le reazioni di Usa, Ue e dell'Onu.
Poi esigere nuove condanne politiche di Israele. "In ogni caso - assicura - sapremo come difendere i diritti del nostro popolo".