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Libia: Gentiloni al Ft, Italia pronta a fare la sua parte

Ma e' prematuro fare illazioni su raid o su invio forze di pace

E' "prematuro" ipotizzare scenari di raid o d'invio di forze militari internazionali sul terreno in Libia, ma "se ci sara' "una richiesta, l'Italia e' pronta ad avere un ruolo" in quel Paese. Lo afferma il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni al Financial Times a pochi giorni dalla conferenza sulla crisi libica che l'Italia copresiedera' con gli Usa. Gentiloni precisa che tale ruolo sara' peraltro possibile sono "nel quadro legale di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu e che "l'Italia non sara' sola.

La situazione in Libia "e' molto piu' aperta rispetto a due o tre mesi fa", ma i negoziati di Vienna fanno intravvedere per ora "uno spiraglio non un'autostrada", dice Gentiloni, avvertendo che "l'atteggiamento ostruzionistico di alcune minoranze" non puo' durare a lungo, pena "un peggioramento della situazione nel Paese sotto molti punti di vista e un aggravamento delle minacce alla sicurezza": in primo luogo da parte "del Daesh".

E' "una leggenda metropolitana" che l'impegno dell'Italia contro l'Isis sia "inferiore a quello di altri Paesi", puntualizza poi. "L'Italia è fra i Paesi più attivi della coalizione anti-Daesh", sottolinea al contrario il titolare della Farnesina citando il ruolo militare italiano in Iraq, Libano, Afghanistan e Kosovo. "Se ulteriori forme d'impegno fossero utili o necessarie nei prossimi mesi, le prenderemo in considerazione e ne discuteremo con gli alleati", aggiunge.

L'Italia apprezza il coinvolgimento della Russia nel dossier libico e in quello siriano e ha sempre affermato la necessità di tenere aperto il dialogo con Mosca, malgrado la questione ucraina, spiega Gentiloni, mostrandosi "confortato" che altri partner riconoscano oggi come valido un punto che la diplomazia italiana sostiene da mesi. "A noi è sempre sembrato giusto che le decisioni sull'Ucraina non si traducessero in una chiusura al dialogo e al coinvolgimento della Russia", spiega il ministro. "Questo atteggiamento - puntualizza - a noi appariva giusto già sei mesi o un anno fa": bene che "adesso sia condiviso da una vasta maggioranza di attori internazionali"-

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