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Corea del Nord: 'Giustiziati 5 funzionari'

Per rapporto falso a leader Kim. Ex capo servizi agli arresti

Le due donne arrestate nell'ambito dell'uccisione di Kim Jong-nam, fratellastro maggiore del leader nordcoreano Kim Jong-un sono comparse oggi in tribunale a Kuala Lumpur dove sono state incriminate per omicidio: Siti Aisyah e Doan Thi Huong, rispettivamente di nazionalità indonesiana e vietnamita, rischiano la pena di morte se giudicate colpevoli.

Nella prima udienza al tribunale di Kuala Lumpur, tra misure di sicurezza eccezionali, la pubblica accusa ha affermato di ritenere che le donne volessero assassinare Kim con altri quattro nordcoreani che, nel frattempo, hanno lasciato la Malaysia il giorno dell'omicidio e sono rientrati in patria. L'udienza, dopo le fasi accessorie e preliminari, è stata aggiornata al 13 aprile.

Lo sviluppo del caso si accompagna alla doppia contromossa della Corea del Nord che tenta di uscire dall'isolamento totale inviando due diplomatici di peso in Malaysia, sulla vicenda Kim, e in Cina, il tradizionale alleato, che ha bloccato l'import di carbone nordcoreano tagliando una fonte vitale primaria di valuta estera.

Il procuratore generale malese Mohamed Apandi Ali è stato chiaro sul destino delle due donne, mentre in generale sugli altri protagonisti dell'attacco (stimati in una decina) c'è un lavoro investigativo da sviluppare. Resta da capire come abbiano fatto le donne a non restare vittime del gas nervino "agente Vx", tra le sostanze più tossiche esistenti, avendo detto (e non sono state credute) di aver agito a mani nude pensando di usare olio per bimbi in uno scherzo da reality tv. Da approfondire, inoltre, il ruolo degli altri due arrestati, un malese e un nordcoreano.

A Kuala Lumpur è giunta la delegazione diplomatica del Nord di alto livello in cui figura l'ex numero due della rappresentanza permanente all'Onu Ri Tong-il, allo scopo di ottenere il corpo di Kim Jong-nam, ucciso il 13 febbraio all'aeroporto della capitale malese. Ri ha spiegato di voler risolvere "questioni umanitarie" a seguito della morte di "un concittadino" (non indicato come Kim Jong-nam) oltre a voler lavorare per lo "sviluppo delle relazioni amichevoli" tra i due Paesi. La prima risposta malese è stata negativa. Il vice premier Ahmad Zahid Hamidi ha affermato che "le richieste potranno essere prese in esame solo quando le indagini saranno risolutive", ha riportato il New Straits Times.

In Cina, Pyongyang ha inviato il vice ministro degli Esteri Ri Kil-song, in quella che è la visita di più alto grado dal maggio 2016 quando fu Ri Su-yong, uno dei vice presidente del Partito dei Lavoratori, a recarsi a Pechino. Il ministero degli Esteri di Pechino ha confermato la visita, organizzata su "invito cinese" e che si chiuderà sabato, con un programma di incontri "su uno scambio di vedute" con il ministro Wang Yi e altri funzionari. Dopo la chiusura del complesso industriale intercoreano di Kaesong, circa il 90% dell'interscambio estero del Nord è con la Cina, di cui un buon 40% costituito solo dal carbone. Appena lunedì, l'intelligence di Seul ha stimato che la stretta di Pechino possa causare 300.000 disoccupati in più e il crollo de Pil di Pyongyang del 2,5%, oltre che un taglio del 23%, o di 78 milioni di dollari, della provvista di valuta estera. Non è esclusa che la visita sia motivata dalla semplice "moral suasion" di Pechino sull'imprevedibile alleato: Usa e Corea del Sud daranno il via domani manovre militari annuali "Foal Eagle" di due mesi, mentre il 13 marzo si aggiungerà la sessione "Key Resolve". Saranno le più grandi mai fatte per mezzi e uomini, nelle previsioni, con la portaerei Carl Vinson e i bombardieri B-52. Uno scenario ad alta tensione.

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