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Brexit: guida Tories, è sfida fra donne

Andranno al ballottaggio fra gli iscritti Tory. Fuori Gove

Il dopo Brexit in Gran Bretagna è donna: toccherà a Theresa May o ad Andrea Leadsom sgomberare le macerie lasciate dal referendum del 23 giugno e gestire l'addio a Bruxelles. La sfida per la successione a David Cameron alla guida dei Tories e del governo di Sua Maestà arriva all'ultimo atto. In campo restano la ministra dell'Interno, favorita ai nastri di partenza, e la sottosegretaria all'Energia, sfidante emergente. Due conservatrici tutte d'un pezzo, chiamate a confrontarsi con un modello impegnativo, forse fuori misura: quello dell'unico premier donna della storia del regno, Margaret Thatcher, a un quarto di secolo di distanza. Nell'ultimo turno preliminare May, 60 anni a ottobre, euroscettica da sempre, ma schierata obtorto collo per Remain al referendum sull'Ue, ha incassato il consenso di 199 deputati, mentre Leadsom, convinta pro-Leave, è salita a 84. Fuori il terzo contendente sopravvissuto finora, il ministro Michael Gove che, dopo aver 'pugnalato' il compagno di cordata referendaria Boris Johnson, favorito della vigilia, ha cercato di sgambettare con accordi tattici anche l'altra 'brexitista' Leadsom, ma alla fine è rimasto al palo: eliminato con 46 voti. Completata la scrematura parlamentare, la parola passa ora agli iscritti del Partito Conservatore, 150.000 persone in tutto che dovranno scegliere il destino dell'isola indicando per posta l'una o l'altra delle due pretendenti nelle prossime settimane.

La scadenza per la proclamazione della vincitrice è prevista entro il 9 settembre, ma c'è chi chiede a questo punto di affrettare i tempi. Anche perché il vuoto di potere rischia di farsi sentire in un Paese alle prese con le incertezze e i contraccolpi post Brexit. Oggi stesso il cancelliere dello Scacchiere, George Osborne, ha incontrato i boss di alcune delle maggiori banche Usa i quali gli hanno promesso una mano nella difesa della posizione leader di Londra quale cuore finanziario d'Europa: una posizione che fa gola ad altri sullo sfondo della separazione dall'Ue. Ma intanto la sterlina va giù, il mercato immobiliare (vitale per l'economia nazionale) traballa paurosamente, vari fondi sospendono i rimborsi, Moody's abbassa da 'stabile' a 'negativo' l'outlook dei gruppi bancari Barclays, Hsbc, Lloyds, e Rbs e il Fmi torna a ipotizzare una perdita fino a un 4,5% di Pil in mancanza di un rapido colpo di timone. May scommette di poter essere lei l'elemento di garanzia e di stabilità che il sistema invoca. "Serve un leader sperimentato", dice in queste ore ringraziando i deputati per il consenso ottenuto e pensando ovviamente a se stessa. Poi afferma di essere la sola figura in grado di "unire il Partito Conservatore" dopo le lacerazioni referendarie.

 E al veterano Kenneth Clark, che la punzecchia definendola "a bloody difficult woman", replica senza scomporsi che ora intende essere "bloody difficult" con Jean-Claude Juncker. Leadsom, 53 anni, approdata più tardi alla politica, ma con 25 anni di lavoro alle spalle alla City, può invece far leva sul fatto di essere in linea con gli elettori che il 23 giugno hanno votato Leave: aggioranza nel Paese, ancor più netta fra i militanti di casa Tory. Giura inoltre di non protrarre le esitazioni sulla Brexit attivando in tempi brevi l'articolo 50 del Trattato di Lisbona per avviare le procedure formali di divorzio; mentre May predica cautela e viene incontro a chi suggerisce un rinvio sperando magari in un ripensamento.  In ogni modo lo scontro fra queste due cristiane anglicane praticanti s'annuncia senza esclusione di colpi. Anche su altri temi. La titolare dell'Home Office ha già cominciato ad attaccare ad esempio la rivale sbandierando la sua linea durissima in materia d'immigrazione e accusando Leadsom di voler "lasciar restare nel Paese i criminali stranieri" (solo per essersi detta favorevole a garantire fin d'ora il diritto a rimanere ai 3 milioni di cittadini Ue già residenti nel regno). A favore di Theresa pare del resto schierato l'establishment, mentre dai media parte il fuoco di sbarramento con critiche a tutto campo ad Andrea, dalla richiesta di bblicazione della dichiarazione dei redditi fino alla polemica sulla sua posizione contraria ai matrimoni gay. Una legge varata da Cameron che invece May ha a suo tempo votato: non senza essere a sua volta ostile alle adozioni per le coppie omosessuali.

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