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Hillary e Donald, i guai degli aspiranti presidenti

Emailgate, Bengasi e Bill per lei. Università e tasse per lui

(di Claudio Salvalaggio)

 A ciascuno i suoi guai. Entrambi i candidati presidenziali hanno i loro problemi nella loro corsa verso la Casa Bianca. Nell'ultima settimana però Hillary Clinton ha superato i due ostacoli più insidiosi, anche se resteranno degli strascichi e delle ombre. Prima l'indagine della commissione d'inchiesta della Camera sugli attentati di Bengasi del 2011: dopo due anni e sette milioni di dollari spesi ha concluso che l'allora segretario di Stato non ha alcuna responsabilità nella morte dei quattro americani, tra cui l'ambasciatore Chris Stevens, ma ha lasciato aperto l'interrogativo sull'assenza di una adeguata presenza militare per rispondere ad eventuali attacchi. Oggi invece l'indagine dell'Fbi sull'Emailgate, che termina scagionandola da responsabilità penali ma criticando l'"estrema negligenza" nell'uso di server privati quando era la responsabile della diplomazia americana. Due spade di Damocle che rischiavano di far deragliare la sua candidatura, anche se il suo rivale Donald Trump e i dirigenti repubblicani continueranno ad attaccarla sul piano politico, come confermano le loro prime reazioni. Resta inoltre pendente un'altra inchiesta dell'Fbi, sui possibili legami tra il dipartimento di Stato - quando lo guidava Hillary - e l'attività della fondazione Clinton, da tempo nel mirino anche per controverse donazioni fatte o ricevute. Sull'ex first lady pesa inoltre il rifiuto di rendere noti i compensi per i suoi discorsi a Wall Street e aleggiano perennemente i vecchi scandali sessuali e le nuove gaffe del marito Bill: l'ultima è stata il suo inopportuno e sospetto incontro con la ministra della giustizia Loretta Lynch mentre era ancora in corso l'inchiesta dell'Fbi sull'Emailgate. Anche il tycoon ha i suoi grattacapi. Quello più grosso appare il processo per truffa legato alla sua ex università che vendeva corsi esosi, per avere successo nell'immobiliare, tenuti da docenti non qualificati: la prima udienza è fissata per il 28 novembre, quindi il magnate eviterà di finire sotto torchio in piena campagna presidenziale, ma se verrà eletto e poi condannato rischia di dover lasciare prematuramente la Casa Bianca. Un'altra minaccia è legata agli accertamenti fiscali ancora in corso: il tycoon, infrangendo una prassi ultraquarantennale per chi aspira alla Casa Bianca, si è finora rifiutato di svelare la sua dichiarazione dei redditi che, secondo l'ex candidato presidenziale repubblicano Mitt Romney, potrebbe contenere "notizie bomba".
    Trump è finito anche nel mirino della stampa britannica per aver firmato nel 2007 un investimento immobiliare 'mascherato' da prestito per sottrarre al fisco Usa decine di milioni di dollari. Il miliardario ha lasciato una scia di imbarazzanti polemiche nella sua campagna, dalle offese mirate (donne, musulmani, ispanici, handicappati) alla "stampa disonesta", sino alle accuse di contiguità con il Ku Klux Klan e vari movimenti razzisti, ma questo finora non ha fermato la sua corsa. A metterla a rischio però è la difficoltà di raccogliere fondi per la prosecuzione della campagna: in maggio il suo comitato elettorale ha raccolto 3,1 milioni di dollari, contro i 15,6 di quello di Hillary. (ANSA).
   

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