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Brexit: la notte che lancia la sfida all'Europa /L'ANALISI

Per l'Ue un futuro solo con nucleo duro di Paesi europeisti

 Il futuro dell'Europa e la Brexit ballano sull'orlo del burrone nella lunga notte britannica. La vecchia Europa si gioca il suo destino sul filo del rasoio di dati contrastanti e in un testa a testa estenuante con i sudditi di Sua maestà divisi a metà tra Remain e Leave. Così come era successo con l'elezione del presidente austriaco, quando il candidato dell'estrema destra xenofoba e antieuropea era stata battuta per un pugno di voti, anche stavolta il risultato rimane a lungo in bilico. Ma un dato è sicuramente chiaro: nulla potrà essere come prima. Il voto britannico lancia una sfida netta e non più rimandabile agli svogliati e stanchi leader europei per correggere la lunga e incredibile serie di errori compiuti, con l'obbligo di trovare da qualche parte una nuova visione, un nuovo coraggio e una nuova determinazione che portino alla costruzione di una nuova Europa con politiche comuni e obiettivi condivisi. Ne saranno capaci? I dubbi, guardando al recente passato, sono più che legittimi, ma certo l'Europa di oggi non ha futuro se rimane così com'è, deve assolutamente trovare una nuova strada e percorrerla con decisione. Sicuramente il nuovo status speciale di Londra negoziato nei mesi scorsi con Bruxelles - in caso di permanenza nell'Ue - può essere il punto di partenza per una concreta riflessione su come rifondare l'Europa.

Di fatto Londra aveva avuto l'assicurazione che oltre a non entrare mai nell'Euro o nell'accordo di Schengen sarà libera di tenersi fuori da qualsiasi ulteriore forma di integrazione. E quelli che Londra chiama i "migranti" europei, ovvero i lavoratori di Paesi comunitari, avranno nuovi limiti per l'accesso al welfare britannico. Di fronte a un grande Paese come la Gran Bretagna che, nel migliore dei casi, vuole avere soltanto rapporti commerciali con l'Ue rifiutando tutto il dossier politico, sarà senz'altro possibile un qualche tipo di effetto contagio con nuove richieste di opting out da parte di altri Paesi tra i tanti ormai disamorati e poco vicini agli antichi ideali e valori europeisti. In questo momento duro di disaffezione e di malessere diffuso è necessario un nuovo forte rilancio della costruzione europea di fronte alle grandi sfide di inizio millennio, dalle nuove bibliche forme di migrazioni alla lotta al terrorismo, dal problema dell'ambiente alla profonda crisi economica ancora sostanzialmente irrisolta.

I paesi europeisti devono poter aver la possibilità di andare aventi sulla strada di un'Europa più forte senza essere continuamente frenati dagli altri, da quelli che vedono l'Europa soltanto come una grande area di libero scambio o quelli che, come i paesi dell'est, hanno velocemente dimenticato la solidarietà ricevuta soltanto pochi anni fa. Come i Padri fondatori che gettarono il cuore oltre l'ostacolo delle macerie della Seconda guerra mondiale, come i leader coraggiosi che negli anni della fine della Guerra fredda tracciarono la strada dell'Euro, adesso nuovi leader europei devono disegnare una nuova curva dell' avventura europea. Ci sono questi leader? Agiranno con tempestività o temporeggeranno ancora una volta, magari per vedere gli esiti delle elezioni in Francia e Germania il prossimo anno? Eppure l'Europa può salvarsi soltanto se riprenderà ad andare avanti con un gruppo di Paesi pionieri che non chiuderanno la porta agli altri ma che non saranno costretti a fermarsi a causa dei loro veti. Un'Europa a cerchi concentrici, a geometria varabile, a più velocità, che, usando lo strumento delle cooperazioni rafforzate previsto dai Trattati o riformando i Trattati, se necessario, non lascerà indietro nessuno ma che nessuno potrà fermare. Questa è la lezione che viene ribadita dalla lunga e interminabile notte inglese. Se gli europei saranno capaci, almeno stavolta, di coglierla e capirla. Sull'orlo del burrone non c'è più tempo per scherzare.

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