Le urne sono aperte dalle prime ore del mattino. Oltre 54 milioni di elettori sono chiamati a scegliere il nuovo presidente, il suo vice e oltre 18 mila rappresentanti a livello locale e nazionale, tra oltre 45 mila
candidati. Manca l'ufficialità, ma il risultato atteso alla vigilia si sta concretizzando a ogni voto contato: Rodrigo Duterte, un populista che si è proposto come "uomo forte", diventerà il presidente delle Filippine per i prossimi sei anni. Per l'arcipelago di 100 milioni di abitanti si prospetta così il rischio di un ritorno all'autoritarismo che per decenni l'ha contraddistinto. Un cerchio che potrebbe chiudersi anche con la probabile elezione a vicepresidente di Bongbong Marcos, figlio dell'ex dittatore Ferdinand. In tarda serata, il conteggio non ufficiale portato avanti dai media (col 76 per cento delle schede scrutinate) assegna a Duterte (71 anni) 13 milioni di voti, quasi il doppio di Grace Poe e Mar Roxas, entrambi attorno ai 7,5 milioni. Nella corsa alla vicepresidenza, per la quale il voto è separato, è invece in testa il rampollo dei Marcos (58 anni), con circa 700 mila voti di margine sulla candidata Leni Robredo. La prepotente ascesa di Duterte ha stupito tutti. Considerato un candidato da non prendere sul serio fino a pochi mesi fa, ha accumulato consensi grazie alla sua linea dura contro crimine e corruzione, facendosi strada anche nel centro-sud con le sue promesse di federalismo.
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Secondo le autorità Manila, sono 'incidenti isolati'
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