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Italia e Iran alla scoperta di un santuario misterioso

Il santuario a terrazze risale a oltre duemila anni fa

Un santuario a terrazze risalente a oltre duemila anni fa, sorvegliato da una fortezza e da due fortilizi. Una città funeraria sparsa per oltre cinquanta ettari, con tombe contenenti preziosi oggetti, collegate l'una all'altra da un reticolo di sentieri. E' l'enigmatico sito, risalente all'epoca degli imperi dei Seleucidi e dei Parti (II sec. a.C. - II d.C.), che una missione archeologica congiunta tra Italia e Iran sta riportando alla luce nella splendida valle di Shami, nella regione del Khuzestan, in Iran, non lontano dal confine iracheno.

L'avventura per l'archeologo italiano Vito Messina, dell'Università di Torino, e per il suo collega iraniano, Jafar Mehr Kian, è cominciata alcuni anni fa. "La valle di Shami rappresenta quasi un luogo mitico per noi studiosi" - racconta all'ANSA il prof. Messina, a Teheran per illustrare in un convegno internazionale i risultati degli scavi in corso. In quei luoghi, negli anni trenta del secolo scorso vennero trovate per caso importanti statue di bronzo: lo scià Reza senior si era messo in testa di rendere sedentari i nomadi della tribù dei Bakhtiari e nella costruzione di nuovi villaggi abitativi erano emersi i reperti archeologici ora custoditi nel Museo Nazionale di Teheran.

Il ritrovamento aveva attirato l'attenzione del famoso studioso britannico, Aurel Stein, un pò archeologo, un pò mappatore, un pò agente della Compagnia delle Indie in chiave anti-russa. Stein aveva visitato la valle, scavato per qualche giorno, fatto fotografie e disegnato mappe nel 1936. Poi aveva proseguito per l'India e nessuno si era più ricordato di quel luogo. Troppo impervio, troppo lontano da tutto, troppo difficile da raggiungere. Finchè gli archeologi Messina e Mehr Kian, circa sei anni fa, hanno recuperato e fotocopiato nelle biblioteche di Londra e Oxford il materiale lasciato da Stein, e con un GPS si sono messi in marcia tra le montagne e le gole del Khuzestan, per cercare di scoprire cosa nascondesse la valle di Shami, in un progetto su cui hanno scommesso il Centro Scavi di Torino e il RICHT-ICAR di Teheran.

"Per fortuna si tratta di un paesaggio orografico molto caratterizzato e, grazie ad una foto di Stein, abbiamo individuato un promontorio nell'odierno villaggio di Kal-e Chendar, e da lì siamo partiti per riscoprire il sito", spiega il prof. Messina. "Con grande sorpresa - aggiunge - ci siamo trovati in un'area estremamente vasta, di cinquanta ettari, con terrazze monumentali, grandi come campi di calcio". "Altra sorpresa è stato il fatto che tutto attorno non fossero visibili tracce di insediamenti ma tombe con porte scolpite e facciate ben visibili, appartenute a famiglie molto agiate, una rarità in epoca ellenistica e partica", osserva il prof. Messina. L'ipotesi è che il santuario avesse una tale importanza che tutta l'aristocrazia della zona volesse farsi seppellire vicino alle divinità, al momento ignote, che venivano lì adorate.

Scrittori greci parlano di una regione chiamata all'epoca Elimaide (dall'antico Regno pre-persiano dell'Elam), snodo di traffici e commerci in cui viveva una popolazione molto ricca tra la Mesopotamia e il Fars. Nelle tombe sono stati ritrovati "manufatti ellenistici in oro di squisita fattura e ceramiche invetriate forse importate dalla Mesopotamia", dice Messina. Narra la storia che il re Seleucide Antiochio III di Siria, uno dei tanti dominatori della Persia antica, dopo essere stato sconfitto dai romani nella battaglia di Magnesia nel 190 a.C., morì mentre cercava di saccheggiare un santuario d'Elimaide, per rifinanziarie le casse e tornare in guerra. "Forse si tratta proprio del santuario che stiamo riportando alla luce, un santuario dimenticato", sottolinea l'archeologo italiano. Anche se i mezzi finanziari sono scarsi, le campagne di scavo si succedono di anno in anno anche grazie al supporto del nostro Ministero degli Esteri, con grandi sorprese, come i preziosi manufatti rinvenuti nelle tombe. L'equipe di archeologi e esperti è composta da 5 italiani e 5 iraniani, più operai e maestranze del villaggio di Kal-e Chendar. I lavori avvengono in autunno per ragioni meteorologiche . "La missione nella Valle di Shami, ultima in ordine di tempo di una lunga serie, fa parte di una presenza davvero importante e storica dell'archeologia italiana in Iran", afferma Messina. Tanto che il presidente iraniano Hassan Rohani, durante la sua visita a Roma, ha lodato e indicato come esempio la cooperazione nel settore tra Italia e Iran.

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