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Inizia l'era Felipe VI, in Spagna cerimonia low profile

Oggi ultimo atto di Juan Carlos, domani l'investitura del figlio

di Nicoletta Tamberlich

Inizia l'era di Felipe VI in Spagna.
   Juan Carlos ha controfirmato la legge che sancisce la sua abdicazione e suo figlio verrà proclamato re con una cerimonia solenne, ma austera, in linea con una monarchia parlamentare e con i tempi di crisi. Assieme a lui, Leonor, 8 anni, la figlia maggiore del nuovo sovrano, sarà nominata principessa delle Asturie, erede della corona dei Borbone. Felipe nel pomeriggio ha assistito all'ultimo atto del regno del padre a Palazzo reale. Nessun discorso del vecchio re a sottolineare il momento, solo un gesto simbolico: al momento dell'abbraccio con il figlio dopo la firma, Juan Carlos, molto commosso, gli ha ceduto la poltrona. Ma il primo bacio è stato per la moglie Sofia, molto tesa all'inizio della cerimonia.
    Felipe è il più giovane dei tre figli di Juan Carlos e Sofia, ma il trono spetta a lui in quanto unico figlio maschio. A 46 anni compiuti sarà il sovrano più 'vecchio' a salire al trono di Spagna (il record, prima di lui, spettava a Carlo III, che aveva 43 anni).
    Juan Carlos sarà assente alla cerimonia per la proclamazione di Felipe a re per non rubare la scena a suo figlio, mentre ci saranno Sofia, la madre del nuovo re, e la sua sorella maggiore, Elena. Sul podio della famiglia reale prenderanno posto anche le figlie di Felipe e Letizia: l'erede al trono, Leonor, otto anni, e Sofia, sette, che oggi sono corse ad abbracciare il nonno subito dopo la firma dell'abdicazione.
    Nessun ospite straniero, né rappresentanti di altre case reali.
    E sarà assente anche Cristina, la secondogenita di Juan Carlos, implicata con il marito Inaki Urdangarin nello scandalo Noos, una vicenda di corruzione che ha gravemente minato la popolarità della monarchia spagnola.
    E' la prima volta che la successione in Spagna avviene nell'ambito delle regole democratiche e la cerimonia presenterà differenze sostanziali con quella che vide la salita al trono di Juan Carlos, il 22 novembre 1975, subito dopo la morte di Francisco Franco. Quando Felipe e sua moglie Letizia saranno ricevuti con tutti gli onori sulla scalinata della Camera, saranno ormai re e regina da dieci ore. Allo scoccare della mezzanotte sarà infatti entrata in vigore la legge di abdicazione di Juan Carlos.
    Felipe presterà giuramento davanti alle Cortes sulla costituzione e pronuncerà il suo primo discorso da monarca nella sede dalla Camera bassa del parlamento, davanti ai membri del governo, i deputati e i senatori. Ma il momento solenne in Parlamento sarà disertato da 25 deputati di vari gruppi della Izquierda Plural, Erc, Bng, Geroa Bai, Compromis e Amaiur.
    Vi sarà un cuscino di velluto rosso con la corona e lo scettro della monarchia spagnola. Mancherà però il crocifisso e Felipe non giurerà "davanti a Dio e al Vangelo". La costituzione sarà quella democratica del 1978 e non quella scritta sotto la dittatura franchista.
    Al termine Felipe VI si recherà insieme alla moglie in corteo alla Zarzuela, il Palazzo reale, dove è previsto un ricevimento.
    Per garantire la sicurezza delle varie fasi del passaggio della Corona, è stato disposto un massiccio apparato di sicurezza e il livello di allerta terrorista è passato da 2 a 3 su una scala di 4. Settemila agenti saranno dispiegati nei controlli in cielo, terra e sottosuolo, con 120 tiratori scelti a difendere il percorso. Quattro manifestazioni, fra cui quella convocata dal Coordinamento Repubblicano fra la Puerta del Sol e Plaza Neptuno, sono state vietate per motivi di ordine pubblico e il tribunale di Madrid ha anche proibito di esporre bandiere e simboli repubblicani. Ma i promotori assicurano che non rinunceranno alla marcia. C'è molta attesa per il discorso di Felipe, che dovrebbe definire in che modo vorrà essere re. Suo padre, nominato erede da Franco, si era dovuto conquistare la stima e l'affetto degli spagnoli favorendo la transizione democratica, che aveva poi difeso sventando il golpe Tejero. Suo figlio, a distanza di quasi 40 anni, dovrà essere il simbolo di un Paese dove la democrazia appare scontata, ma dove restano forti divisioni ideologiche e tensioni separatiste.
   

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