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Un italiano in Russia

Non sempre però quelle tra ragazzi italiani e ragazze russe erano vere storie d'amore, a volte si trattava di scappatelle o semplici avventure. "Gran parte di questi operai arrivavano con calze di nylon, con cose del genere, che regalavano alle ragazzine, e loro in cambio davano altro, insomma": a parlare è Franco Bacchini, un perito elettrotecnico della Fiat ormai in pensione che a Togliatti ha vissuto per due anni e mezzo, dal giugno del 1970 alla fine di dicembre del 1972.

Franco Bacchini ha 85 anni, una moglie, tre figli, sei nipoti, e una memoria di ferro. E tra le tante vicende che ricorda c'è quella di una giovane che faceva la cameriera all'hotel Zhigulì, dove vivevano molti italiani, e che proprio con un italiano aveva una relazione, nonostante fosse sposata: "Questa donna - racconta - ha lasciato il marito, e poi deve aver chiesto al suo nuovo compagno, 'Allora, cosa facciamo?' Lui gentilmente ha risposto 'Io mi faccio i fatti miei, tu fatti i tuoi'. Ebbene, questa ragazza ha tentato il suicidio". Franco si interrompe un attimo. "Certe cose non mi son piaciute sotto l'aspetto morale", aggiunge poi corrugando le sopracciglia folte e brizzolate.

Franco Bacchini ha grande stima dei cittadini sovietici che hanno costruito Togliatti "lavorando giorno e notte". "Togliatti è stato un miracolo del lavoro", ci dice ricevendoci nel suo appartamento nella periferia torinese, non lontano da Mirafiori. Poi sottolinea subito che allora in città c'erano ben "600 gru" all'opera "per costruire case". Insomma, Togliatti era in piena espansione e si stava trasformando, rapidamente, nel grande centro industriale che è ancora adesso.

Questa corsa al progresso tecnologico però non sempre era fatta nel rispetto delle regole e dei diritti basilari dei lavoratori. "Da dove avevo io la baracca - ci spiega - si vedevano le capriate, e una volta ho visto un russo che passava di là tenendosi come poteva per attraversarle. E proprio qualche giorno prima c'era stato un incidente: un operaio era caduto". Franco si era giustamente preoccupato, perché questi operai rischiavano di rompersi l'osso del collo, e così aveva chiesto e ottenuto di parlare col capo della polizia locale. E ad aiutarlo venne un giovane interprete di Leningrado. Quando Franco chiese dove fossero le cinghie di protezione, il capo della polizia rispose attraverso l'interprete che sarebbero state comprate "il più presto possibile". Una risposta insufficiente, a cui il tecnico italiano ha subito controbattuto: "E nel frattempo? Vanno in giro così rischiando di morire cadendo?" Questa volta è il giovane interprete a rispondere con una frase impregnata di retorica: "Per la gloria del partito certi sacrifici sono indispensabili". "L'ho zittito - racconta Franco -. Gli ho detto: 'Vergognati'. Ma perché non chiedi di venire qui a lavorare? Vai con quelli lì che passeggiano per le capriate".

Un'altra cosa rimasta ben impressa nella mente di Franco è la disciplina che vigeva nelle scuole sovietiche. Lui ha avuto la possibilità di visitarne una assieme a un amico italiano e a un'interprete. "Arriviamo, davanti all'ingresso della scuola c'è una scalinata con un mare di ragazzini, le bambine con le gonne nere, i maschietti con i pantaloncini blu, la maglietta bianca, il fazzoletto rosso attorno al collo, la bustina in testa. Passiamo e scattano sugli attenti come tanti soldatini", ricorda sorridendo sotto i baffi ormai bianchi. "C'erano 135 insegnanti che ci aspettavano, 135 insegnanti solo per noi due". Franco e il suo amico sono anche entrati in una classe, e li', rammenta, "stavano facendo lezione di matematica. L'insegnante ha fatto un gesto e tutti i ragazzini si sono subito alzati in piedi. Uno era alla lavagna e stava cercando di risolvere un sistema di secondo grado: tentennava e non sapeva cosa fare, e allora l'insegnante l'ha rimandato al suo posto. Ma in piedi".

Vivere in Russia? "Mi è piaciuto", dice, ma "è stata dura, soprattutto nel primo anno, senza famiglia". Le cose sono andate meglio quando la moglie Giovanna e i figli Renzo, Dario e Sandro lo hanno raggiunto a Togliatti. "Siamo andati nei boschi tante volte - ricorda - e d'inverno si andava a sciare. D'estate, la domenica mattina arrivava un pullman, e chi voleva poteva andare nella cosiddetta spiaggia degli italiani, dove si poteva fare il bagno, entrare nel bosco, oppure prendere un battello e fare un giro sul Volga".

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