Nelle testimonianze di Reja e Nura il passato cede il posto al futuro, al quale si guarda con paura. “Tanti di quegli assassini sono ancora a piede libero e, come se non bastasse, molti di loro ricoprono incarichi politici importanti. Tra questi ci sono alcuni ex membri degli Scorpioni rossi, gruppo paramilitare ultranazionalista serbo, che si macchiarono di efferati crimini nei confronti dei musulmani di Bosnia. Per questo, non mi stupirei se prima o poi qualche giovane musulmano decidesse di vendicare quanto è successo vent'anni fa. Noi donne – dice Nura – non abbiamo mai cercato vendetta, abbiamo sempre chiesto solo giustizia. Ma ho paura che i più giovani, vedendo quello che continua a succedere, si lascino guidare dal risentimento. In Bosnia, l'odio è senz'altro ancora vivo”.
Parole pesanti che si comprendono meglio ascoltando episodi di vita vissuta, come quelli che racconta Reja: “Quando torno nella mia casa, a Bratunac, un mio vicino serbo mi dice sempre: Vi abbiamo stuprato, vi abbiamo ucciso, vi abbiamo bruciato le case; cosa dobbiamo fare per non farvi tornare mai più?”.