E' da anni un luogo di attriti ricorrenti fra israeliani e palestinesi la Tomba di Giuseppe di Nablus, un santuario venerato sia dagli ebrei sia (almeno in tempi meno recenti) dai musulmani.
Secondo una tradizione di epoca bizantina, sotto ad una grande pietra riposano le spoglie di Giuseppe. Si tratta del figlio di Giacobbe e di Rachele che, nel racconto biblico, divenne influente consigliere del Faraone d'Egitto. In punto di morte espresse la volonta' di essere sepolto nelle terre della famiglia a Sichem (la attuale Nablus).
Ed in effetti, secondo la tradizione, Mose' ordino' che le sue ossa fossero riportate nella Terra d'Israele, quando gli ebrei fuggirono dall'Egitto. In seguito alla guerra dei sei giorni (1967) la tomba e' tornata ad essere frequentata da fedeli ebrei in numeri crescenti e nell'edificio vicino e' stato aperto un collegio rabbinico. Ma con gli accordi di Oslo (1993), Nablus ottenne lo status di citta' autonoma palestinese e la Tomba rimase al suo interno come ''enclave'' aperta al culto ebraico. Da allora, nei momenti di maggiore tensione politica, il santuario e' stato oggetto di attacchi (anche cruenti) di miliziani palestinesi.
Cosi' avvenne nel 1996, in due occasioni nel 2000, e poi ancora nel 2002. Da allora, in base ad accordi fra Israele ed Anp, gruppi organizzati di fedeli ebrei hanno accesso una volta al mese alla Tomba di Giuseppe, scortati dall'esercito israeliano.