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Jobs act, scontro Cgil-Poletti: 'E' grande fratello'; 'No corretto'

Fa discutere il decreto attuativo del jobs act con cui il governo intende regolare il controllo informatico dei lavoratori

Con la nuova disciplina sui controlli a distanza, anche su pc, cellulari o tablet previa informazione, "non c'è nessun Grande fratello" e "nessuna liberalizzazione". E ora, "come prima, vige la regola della privacy". Lo assicura il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che dopo la pubblicazione del decreto attuativo del Jobs act sulle semplificazioni in cui si riscrive la norma dello Statuto dei lavoratori, replica ai sindacati ed in particolare al numero uno della Cgil. E' "spionaggio contro i lavoratori", è un "Grande fratello", aveva subito sostenuto Susanna Camusso, dicendosi "molto preoccupata". Ad opporsi con decisione anche i leader di Cisl e Uil. Le novità in questione "creano inquietudine. Va fatta chiarezza", dice Annamaria Furlan. "E' liberismo dalla faccia buona", dice Carmelo Barbagallo. All'opposto, al presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, il provvedimento non sembra "così grave" e comunque, afferma, "chi è pulito non teme controlli". Prima il ministero del Lavoro e poi lo stesso Poletti rimarcano che la norma è "in linea con le indicazioni del Garante della privacy". Che "adegua la normativa contenuta nello Statuto dei lavoratori alle innovazioni tecnologiche", ossia l'articolo 4 della legge del 1970.

E che, in ogni caso, il lavoratore deve essere informato: infatti "qualora non sia adeguatamente informato dell'esistenza e delle modalità d'uso delle apparecchiature di controllo e delle modalità di effettuazione dei controlli dal nuovo articolo 4 discende che i dati raccolti non sono utilizzabili a nessun fine, nemmeno a fini disciplinari". Poletti ricorda anche i casi in cui serve l'accordo sindacale o l'autorizzazione delle direzioni territoriali del lavoro o dello stesso ministero: "Le imprese che montano telecamere o impianti di controllo hanno l'obbligo di avere" questo ok. Dal fronte imprenditoriale, per Squinzi "chi ha la coscienza pulita non dovrebbe temere nessun tipo di controllo, non deve aver paura di controlli a distanza", afferma il presidente di Confindustria replicando anch'egli al "Grande fratello" evocato da Camusso. E a chi gli chiede se controllerà i dipendenti, replica seccato: "Ma no!". Dalla Cisl il segretario confederale Gigi Petteni sostiene l'opportunità che il ministro del Lavoro convochi i sindacati per chiarire. Per il numero uno della Uil, questo provvedimento "rappresenta l'ennesimo strumento di un neoliberismo dalla faccia buona, ma non meno sfrenato di quello antico. La materia era regolamentata dalla contrattazione. Valuteremo insieme a Cgil e Cisl quali strade percorrere per far modificare questa norma".

Secondo il leader della Fiom, Maurizio Landini, si "conferma la logica del Governo, che trasforma il lavoro in una merce e non rispetta i diritti dei lavoratori": il Jobs act, dice, "è una porcheria, un porcellum del lavoro". Dalle commissioni parlamentari, dove gli schemi degli ultimi quattro decreti legislativi sono arrivati per il parere prima dell'ok definitivo del Cdm, al presidente della commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi, "spiace constatare che ancora nel 2015 dai sindacati emergano antistoriche resistenze". Mentre il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, sottolinea che "per fugare ogni dubbio sarebbe sufficiente che l'utilizzo dei nuovi strumenti, come telefonini o tablet, fosse stabilito da accordi tra le parti sociali". Il ministro del Lavoro si dice comunque pronto "ad ascoltare tutti: se dovessimo renderci conto che la norma si può migliorare, la miglioreremo".

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