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Libri

L'11/9 negli occhi di Eddy

Affinati, i ragazzi per capire hanno bisogno di adulti credibili

(ANSA) - ROMA, 11 SET - ERALDO AFFINATI, L'11 SETTEMBRE DI EDDY IL RIBELLE (Gallucci, pp. 120, 10 Euro). Senza dimestichezza con le parole 'guerra' e 'morte', bandite dal suo pianeta, l'alieno Eddy ci si è imbattuto suo malgrado, guardando dal cielo la tragedia dell'11 settembre e poi provando a comprenderla scendendo sulla Terra: cinque anni fa lo scrittore Eraldo Affinati trovò nella fantasia venata di realtà la giusta chiave per raccontare ai ragazzi che non l'avevano vissuto l'attentato alle Torri Gemelle. Ora il suo libro, L'11 settembre di Eddy il ribelle (Gallucci Editore, disegni di Emma Lenzi), torna in libreria in occasione del 15/o anniversario della strage che cambiò per sempre l'Occidente.
    Se il terrorismo fondamentalista si è evoluto nelle sue dinamiche, resta invariata la necessità di spiegarne la complessità, senza semplificazioni o derive xenofobe. E forse Eddy, ingenuo ma ansioso di mettersi in gioco, può essere ancora oggi la persona giusta per parlare ai ragazzi. "I giovani hanno bisogno di adulti credibili, che possano guidarli con esempi concreti, non con parole vuote. Eddy è un ragazzo ribelle che vive a Fulgor, un pianeta dove le parole 'guerra' e 'morte' sono diventate un tabù. Ma lui è irrequieto, non si accontenta di quello che gli altri dicono. Allora fugge e arriva nei cieli di New York il giorno fatidico. Ce n'è quanto basta per incuriosire un ragazzo, credo", spiega in un'intervista all'ANSA Eraldo Affinati, nella cinquina dell'ultimo Premio Strega con L'uomo del futuro e da anni impegnato nell'insegnamento gratuito dell'italiano agli stranieri. Quando ha scritto questo libro, Affinati si era reso conto che i ragazzi italiani sapevano poco o nulla dell'11 settembre, a differenza di coetanei provenienti da Paesi in cui c'era la guerra. E oggi, qual è la reazione di fronte al terrore? "Oggi è come se i ragazzi fossero assuefatti al rischio degli attentati e anzi lo avessero introiettato. Mi spiego così anche certe rimozioni giovanili, tese a contrapporsi alla barbarie enfatizzando il vitalismo. Spesso non si tratta di superficialità, bensì di disperazione. Finché non si viene colpiti direttamente, si cerca in tutti i modi di evitare il confronto con il male umano. Ma arriva sempre il momento in cui non possiamo chiamarci fuori. La cultura serve proprio ad elaborare le nostre reazioni istintive", afferma. "L'11 settembre 2001 è stata l'alba tragica del XXI secolo, nell'inquietante continuità di violenza rispetto a quello precedente che pure sembrava aver raggiunto il massimo della crudeltà. Tutti vorremmo poter dire che no, non dobbiamo abituarci al terrore, purtroppo gli eventi storici contemporanei non incoraggiano alcun ottimismo". Per comprendere il senso di questo presente dalla rotta a volte impazzita, secondo lo scrittore serve "fare esperienze conoscitive. Toccare con mano le cose, non accontentarci dei bei discorsi, delle belle intenzioni. Dobbiamo uscire dal guscio, esporci, senza timore di sbagliare e puntare tutto sulla qualità della relazione umana uscendo dalla logica retributiva che ci governa. Chi, se non un adolescente, può tentare di farlo?". E la scuola sa offrire i giusti strumenti? "A scuola si fa molto, ma non si può fare tutto. Una possibilità offerta dalla nuova riforma sull'istruzione è l'alternanza scuola-lavoro per fare esperienza anche fuori dall'ambiente strettamente didattico", prosegue lo scrittore. Nella sua esperienza, i giovani sognano ancora? "L'altro giorno ho chiesto a un ragazzo africano quale fosse il suo sogno. Lui mi ha risposto: vorrei fare l'imbianchino. Potrebbe sembrare una scelta di retroguardia, ma la luce nei suoi occhi diceva il contrario.
    Molti suoi coetanei italiani invece sembrano sfiduciati, ma alcuni sono straordinari: quelli che si prendono in carico la generazione cui appartengono. Eddy è uno di loro". (ANSA).
   

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