Svaniti nel nulla, recita il sottotitolo di questa serie tv. È ciò che accade. Un giorno, improvvisamente, il 2% della popolazione mondiale (circa 140 milioni di persone) scompare in un solo istante, senza lasciare traccia. La serie, che inizia tre anni dopo l’ accaduto, studia innanzitutto, come in un esperimento di psicologia o antropologia, le molteplici reazioni ad un evento del genere: alcuni si convincono che si tratti di una punizione divina, altri formano sette caratterizzate da comportamenti esoterici e antisociali, i più affrontano disarmati un lutto ancor più crudele perchè incomprensibile.
Ma nessuno sa veramente cosa sia accaduto e non bastano due stagioni per scoprirlo. In realtá The Leftovers può anche essere concepito come la più radicale tematizzazione di una mitologia che ha avuto una fortuna senza precedenti nella nuova serialità, da Lost a Le revenants a Glitch: la scomparsa e la riapparizione, lo svanire e il ritorno di individui e comunità, come se fosse un’ alternativa alla linearitá di nascita e morte dell’ umano.
L’ elaborazione del dolore e del mistero che questi eventi provocano, configura una sorta di narrazione del dolore aumentato che ha effetti drammatici di intensitá sconosciute – che sono poi le tonalità piú interessanti di questa serie la cui soluzione del plot non potrá che essere pericolosamente insoddisfacente. Poco importa perchè, come riporta il “Time”, “Damon Lindelof fa seguito a Lost con un dramma post apocalittico che non ha mostri e non è un vero mistero da risolvere. È cupo, è lento ma è assolutamente stupendo”.
