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Mariano Rigillo, il mio primo Re Lear

A Roma da 23/6 e poi a Milano, con Anna Teresa Rossini

(ANSA) - ROMA - "Il massimo personaggio di Shakespeare. Di una vecchiaia quasi da museo. Eppure con un'energia impensata". Un ruolo da far tremare anche un padrone del palcoscenico come Mariano Rigillo, 55 anni di carriera, successi e uno stuolo di ruoli shakespeariani. Eppure oggi al suo primo Re Lear. Anzi, come lo ha intitolato il regista Giuseppe Dipasquale, 'Lear - La storia', pronto al debutto romano il 23 giugno nell'elisabettiano Silvano Toti Globe Theatre di Villa Borghese.

Con Rigillo, anche Anna Teresa Rossini nel ruolo del Matto (entrambi sono in nomination tra i Migliori attori di stagione alle Maschere del teatro italiano), Silvia Siravo, Luigi Tabita, Roberto Pappalardo, Sebastiano Tringali. Ma lo spettacolo, forse la piu' apocalittica delle tragedie del Bardo, in cartellone anche in apertura della prossima stagione al Franco Parenti di Milano, quasi per un'avventura da teatro nel teatro, arriva a Roma con una storia tutta sua, al di la' del palcoscenico. Nato da una coproduzione tra gli Stabili di Catania e Napoli per i 400 anni della scomparsa di Shakespeare, pochi giorni dopo la prima siciliana, ad aprile, si e' trovato nel mezzo dello sciopero dei dipendenti del teatro da mesi senza stipendio ("cui va tutta la nostra solidarieta'", precisa Rigillo). Repliche al Verga fermate, ma soprattutto "scene, luci, tutto bloccato in teatro".

Un po' rocambolescamente si recuperano i costumi e si parte per le date previste al Mercadante di Napoli, con solo l'immaginazione a far da fondale. Ed e' un successo da standing ovation e sedie aggiunte ogni sera. "La dimostrazione - dice Rigillo - che per il teatro basta un attore capace, una luce a illuminarlo e un poeta che abbia scritto un buon testo. E con Shakespeare la parola brilla particolarmente". Soprattutto nel Lear (qui nella traduzione di Masolino D'Amico), tragedia dell'inganno e dell'ingratitudine, della follia e malattia, della corruzione accompagnata dalla superbia. Quasi secondo tradizione elisabettiana, Dipasquale ha voluto due uomini (Pappalardo e Tabita) a interpretare le figlie piu' bramose e ambiziose del sovrano, eliminando invece i mariti. "Sono loro a rappresentare la virile crudelta' della coppia, in contrasto con la purezza e la grazia femminile di Cordelia", spiega Rigillo, in questi giorni impegnato anche sul set del nuovo film di Simona Izzo sulla storia della propria famiglia, in cui veste i panni di suo padre Renato (titolo provvisorio, 'Festa di una famiglia allargata'). Ma e' un attimo e si torna a Lear.

"Ho interpretato molti ruoli di Shakespeare - racconta - ma questo forse e' il suo massimo personaggio. Per un attore e' un traguardo, una responsabilita'. Per questo ho avuto timore ad affrontarlo. Lear, re per volonta' divina, e' un personaggio quasi biblico, con una vecchiaia da museo, nel senso che non si capisce bene quale eta' possa avere. Eppure ha un'energia impensata, da resistere persino alle tempeste della natura. E' forte, anche se soccombe. Ed e' proprio questo il problema nell'interpretarlo: lo devi rendere forte, ma perdente. L'arroganza del potere lo acceca. Pretende tutto dalle figlie e per superbia compie il piu' fatale degli errori di valutazione con Cordelia". Davanti a quell'"amo mio padre solo come una figlia", non capisce. "Esplode di rabbia e inizia il suo percorso nella sconfitta, da cui si salvera' solo nella follia. E' la prima scena ed e' la piu' difficile di tutto il testo", dice Rigillo. Quasi una prova messa subito li' dal Bardo, ancora 400 anni dopo, a saggiare i suoi protagonisti. "Ma se superi quella - conclude - ecco poi che il personaggio ti prende e ti porta avanti per mano". (ANSA).

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