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Ghemon, voglio esserci e guardare al futuro

Esce Scritto nelle Stelle, "io controcorrente, arte va avanti"

ROMA - "Ho scelto di esserci". Non ha bisogno di tanti giri di parole, Ghemon. Ha scelto di esserci, di far uscire il suo nuovo disco Scritto nelle Stelle in piena pandemia, in un momento in cui la maggior parte dei suoi colleghi ha deciso di fare un passo indietro e di attendere tempi migliori, negozi aperti e libertà di spostamenti. "Ho scelto di esserci, in questo momento, da una parte perché penso che la musica non debba fermarsi e perché a questo progetto ho lavorato con dedizione per un anno, dall'altra perché lo devo ai fan, la mia famiglia allargata, che aspettavano e chiedevano questo disco", racconta il rapper campano che mancava dal festival di Sanremo dello scorso anno, quando partecipò con Rose Viola.

"Sanremo è stato un passaggio importante per me, per far vedere chi ero senza snaturarmi". Ma poi è andato oltre. "C'è stato un cambiamento come persona e anche come artista. Per questo non ho incluso Rose Viola in questo disco. Non faceva parte della 'fotografia' che ho scattato da lì in poi". Il disco, che esce domani per Carosello Records e Artist First, racchiude nelle 11 tracce una maggior consapevolezza di sé, dell'uomo che è diventato "a 38 anni, senza far finta di averne dieci di meno".

Il fil rouge che attraversa Scritto nelle Stelle è "il racconto della vita che stavo avendo inquadrandola dall'interno, senza per forza dire che ero cambiato. L'amore, non romantico ma realistico con le sue difficoltà, ma anche le sue sicurezze. Credo di aver espresso una maggior consapevolezza di me, di aver ben piantato i piedi in terra". Non è un sognatore Ghemon. Guarda con realismo al mondo che lo circonda, soprattutto in questo momento, e - con un tour quasi sold out al momento sospeso, con una perdita già calcolata di 300mila euro - non si fa illusioni. "E' chiaro che non si tornerà a fare concerti tanto presto, difficile pensare che ce ne saranno prima della primavera prossima".

Ma il cantautore non si limita ad osservare passivamente, e oltre a offrire il primo instore digitale, lancia le sue proposte per il futuro. "Bisogna sfruttare la tecnologia. Non un live da casa sui social, che spesso gli artisti propongono più per se stessi, per sentirsi al centro dell'attenzione, per un like in più, che non per i fan. Penso a una piattaforma per concerti on demand, magari con un'offerta all'ingresso, e la possibilità per chi partecipa di scegliere la scaletta. Ci sto già lavorando con il mio team". Una proposta coraggiosa, in un mondo che spesso considera la musica (e la cultura) non necessaria e superflua. "Effimero, ma essenziale. E' non possiamo dimenticare che è un mondo fatto di partite Iva, di piccole e medie imprese: gli artisti sono i primi a dover spiegare che non è tutta apparenza, che dietro c'è fatica, lavoro, obblighi, scadenze, famiglie".

Immagina anche che la situazione di crisi che si è creata con l'emergenza coronavirus, possa finalmente spingere gli artisti, per la prima volta, a unirsi in una stessa lotta, anche per la tutela dei lavoratori più deboli. "E' ora di sedersi al tavolo tutti insieme per avere risposte chiare". Una rappresentanza sindacale dei musicisti? "Sì, qualcosa del genere, un'associazione, un consorzio, come negli Stati Uniti. Ma per essere credibili dobbiamo essere in tanti. E sbrigarci". In passato Ghemon non ha nascosto di aver sofferto di depressione. "Un problema di cui si parla sempre troppo poco e che subisce lo stigma sociale. Ma mai come ora il supporto psicologico è urgente e necessario per superare a crisi che non è solo sanitaria o economica, ma anche personale".

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