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Anastasio, il mio grido non è generazionale

Cally? "Sbagliato giudicare arte da artista o artista da arte"

"Il rap non deve avere un ruolo, il rap è uno strumento: lo devi usare come meglio credi. Ed è sbagliato giudicare l'artista dall'arte o l'arte dall'artista". Anastasio, 22enne rapper di Meta di Sorrento in gara al Festival di Sanremo con il brano Rosso di Rabbia, difende il collega Junior Cally nel mirino di chi lo vorrebbe fuori dalla manifestazione per le frasi violente e contro le donne, contenute in un suo brano del 2017. "Se fosse capitato a me? Ci sarei rimasto di sasso, ma il mio passato è inattaccabile", racconta Anastasio (che all'anagrafe è registrato come Marco), vincitore di X Factor a dicembre 2018. "Sì, avrei potuto partecipare al festival anche l'anno scorso, ma liquidai subito l'opzione: non avevo le forze di affrontarlo. E' stato un anno intenso".

Un anno tra tour nei club, un ep, la lavorazione del nuovo disco Atto Zero, in uscita il 7 febbraio per Sony. Anche lui però non è stato esente da polemiche per alcuni like sui social che in passato lo hanno bollato come "fascista". "Nel momento mio di massima esposizione mi hanno buttato addosso delle accuse infamanti. Non mi sento di destra e credo che l'Italia abbia conosciuto soltanto destre becere. C'è chi ha giudicato il mio pensiero molto superficialmente, è sufficiente ascoltare un po' di mie canzoni per capirlo. Prendere delle posizioni nella musica è una scelta personale dell'artista". Polemiche a parte, Anastasio - uno dei migliori della sua generazione - è concentrato sul festival ("voglio andare lì e mangiarmi il palco, vado a dare il massimo. L'obiettivo minimo? Troppo facile: è arrivare ultimo, perché comunque andrà sarà un lusso") e sull'album, il primo ufficiale. "Atto Zero, perché in fondo non ho ancora iniziato. E questo disco è il culmine di una ricerca che mi ha portato a capire cosa devo capire".

Il progetto ruota intorno al brano Il Sabotatore. "Un flusso di coscienza all'inseguimento della trance artistica che a volte, come un miracolo, ti travolge. Una valanga di versi mi ha travolto e il Sabotatore non sono io ma quell'oracolo dispettoso che a volte c'è e a volte no". In tutti gli altri brani, aggiunge, però, "ci sono io, con la mia vita e le mie esperienze". In Cronache di gioventù metese, canta di quando ragazzino ascoltava il rap solo per le parolacce. "Nel mio pc c'era una cartella nascosta perché mia madre non voleva che ascoltassi certe canzoni. Dentro c'era Fabri Fibra, Mondo Marcio, Caparezza. Le parolacce per me rappresentavano la ribellione e mi piaceva trasgredire le regole. Poi ho cominciato ad approfondire e mi sono innamorato dello stile discorsivo del rap". C'è anche un brano che lui definisce "una presa in giro", Il Giro di Do. "Voce e chitarra. Una cosa che non c'entra nulla con il resto e proprio per questo l'ho voluta inserire". Ma nessuna velleità da cantautore della vecchia scuola. "No, solo uno scherzo. Ma ho ascoltato tanto Fabrizio De André e Rino Gaetano". E fuga ogni dubbio anche su significati politici legati a Straniero, "un pezzo che racconta di un apolide, ma nessun riferimento ai migranti. Non mi piace ancorarmi al tempo, l'arte è slegata dal tempo".

Atto Zero conterrà anche Rosso di Rabbia, "è un grido di frustrazione, ma non chiamatelo generazionale. Mi sembra quasi un insulto. Io parlo per me e racconto me stesso, anche se poi in tanti si riconoscono in quello che canto". E' sicuro anche della scelta fatta per la cover del giovedì: Spalle al Muro di Renato Zero, che eseguirà con la PFM. "Quando mi hanno detto che dovevo fare una cover non ci credevo... dopo tutte quelle fatte a X Factor! E poi io non ho una grande cultura sanremese. Ho scelto Zero perché in quella canzone c'è tutto".

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