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Saura, Renzo Piano e l'arte della luce

Il regista spagnolo al Biografilm per 'The Architect of Light'

BOLOGNA - Ha ottantasette anni, ma guarda al futuro con un nuovo progetto, un musical da girare in Messico dal titolo: 'Il re di tutto il mondo'. Carlos Saura, al Biografilm Festival di Bologna per presentare in anteprima mondiale il suo documentario 'Renzo Piano. The Architect of Light', è pieno di voglia di fare e all'ANSA racconta di sé, di questa sua ultima opera, di luce, di tempo, e ovviamente di Renzo Piano e dell'Italia, "un Paese che amo molto, unico, ma purtroppo rovinato dal turismo. Dovunque vai trovi file, peccato!".

Nel docu del regista di 'In fretta in fretta' (vincitore dell'Orso d'oro a Berlino nel 1981), in sala con I Wonder come evento a settembre, Saura segue Renzo Piano nella progettazione e nella realizzazione del Centro Culturale Botìn a Santander, in Spagna. Un racconto, il suo, quasi in presa diretta delle varie fasi della costruzione, con molti interventi dello stesso architetto italiano sulla sua idea dell'arte e della creatività. E se Piano nel documentario parla di luce "come materiale più importante della stesso cemento", il regista spagnolo replica: "Senza luce non c'è cinema, il mestiere del regista è proprio quello di controllarla e lo posso ben dire io che ho lavorato tante volte con il grande Vittorio Storaro".

L'ossessione poi di Piano per il tempo, la durata dell'opera d'arte, è la stessa di Carlos Saura: "In questo le fotografie sono più fortunate - dice il regista che ha iniziato proprio come fotografo -. Le fai e l'attimo dopo hai davanti a te il passato, una cosa se si vuole terribile, ma anche affascinante. E poi le foto sono eterne, restano per sempre". I suoi referenti nel cinema sono sicuramente quelli "del neorealismo italiano", ma aggiunge poi: "Ho conosciuto nella mia carriera Michelangelo Antonioni, ero amico di Marco Ferreri e ho sempre avuto una grande ammirazione per Federico Fellini. Oggi però - aggiunge - il cinema italiano, come quello spagnolo, si sta un po' perdendo e bisogna fare qualcosa quanto prima". Nel documentario anche molti interventi dello stesso Renzo Piano che parla non solo del difficile rapporto nella creazione tra tecnica e poesia, ma anche del fatto che, oltre alla luce, un altro elemento si ritrova in tutta la sua opera: l'acqua. "La cosa che amo di più è andare in barca da solo. Mi ritrovo così con la luce dall'alto, per me una cosa metafisica, e circondato poi dalle acque".

In 'Renzo Piano. The Architect of Light' sono molte le immagini dedicate alla costruzione di questo centro culturale e della sua enorme struttura in acciaio che gli dà sostegno. "Ho sempre amato i cantieri - confessa Piano -. Mio padre, che faceva il mio stesso lavoro, mi ci portava sempre. Il cantiere per me è un momento magico delle mie creazioni". Mentre, per quanto riguarda il suo modo di lavorare, dice: "Quando devo fare un progetto architettonico amo passare del tempo dove ci sarà la costruzione. Mi piace passeggiare a lungo in quei posti perché amo cogliere il Genius Loci che ci vive prima di mettere mano al processo creativo: credo sia una cosa necessaria per fare un buon lavoro".

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