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Al Bif&st La guerra dei cafoni non è mai finita

In corsa a Bari la poetica opera di Barletti e Conte

No, 'La guerra dei cafoni' non è mai davvero finita. Si è solo trasformata, ma lì, negli anni Settanta, dove si svolge il film da non perdere di Davide Barletti e Lorenzo Conte le carte non si erano ancora mescolate.
In corsa per le opere prime e seconde al Bif&st di Bari e in sala con Ismaele Film dal 27 aprile, nel film ragazzini con pantaloncini all'inglese contro ragazzini vestiti di poco più che stracci; motorini di lusso rosso fuoco Moto Morini contro una popolare Ape Piaggio, con le sue virtù agricole. Era così.
Ci troviamo in Puglia, a Torrematta, territorio selvaggio e in cui non vi è traccia di adulti, qui ogni estate si combatte una lotta tra bande: da una parte i figli dei ricchi, i signori, i padroni della terra, e dall'altra i figli di chi coltiva quella terra, i cafoni. Una distinzione netta allora, specie nelle regioni del Sud Italia, tra la cultura popolare di un'Italia ancora agricola contro una borghesia agiata e consumista che da li a poco avrebbe fatto banco, avrebbe preso tutto: gli uni e gli altri.
A capo dei rispettivi schieramenti si fronteggiano il fascinoso e raffinato Francisco Marinho e il torvo e tonico Scaleno. Si combattono da sempre, dalla culla, trascinando nel loro conflitto, allo stesso tempo personale e di classe, i propri "soldati". Ma, come racconta il film, tratto dall'omonimo romanzo di Carlo D'Amicis (minimum fax) parlato in dialetto pugliese con tanto di sottotitoli, arriva un anno in cui i cafoni decidono di ribellarsi alla supremazia dei signori.
Insomma è guerra anche se ci si mette di mezzo un amore tabù, quello tra un signore e una cafona, e i simboli del potere verranno presi di mira, attaccati.
Così, come dicono puntualmente le note di regia: "Mentre questi ragazzi nascono alla vita adulta, alle spalle di tutti i protagonisti di questa storia, muore un'epoca; e con essa l'ultima occasione per combattere una guerra fatta sì di violenza, ma anche di epica e di poesia".
Muore così quella cultura contadina, fatta di 'cunti' da raccontare ai bambini intorno al caminetto, quella cultura raccontata da Pier Paolo Pasolini piena di popolare saggezza, anche se senza congiuntivi, e tutto si fonde.
Spiegano i registi di 'Fine pena mai': "I protagonisti della storia sono in guerra soprattutto contro la finta riconciliazione delle diverse appartenenze, contro il politicamente corretto, contro l'ipocrita acquiescenza delle coscienze. La violenza di Francesco Marinho e di Scaleno è priva di nevrosi o sadismi, è un linguaggio atavico, vitale, istintivo, una pulsione che parla del bisogno di resistere alla deriva piatta e bidimensionale di un'Italia in procinto, come loro, di diventare adulta".
Nel film, tra i Ragazzi della via Pal e la Guerra dei bottoni, protagonisti: Pasquale Patruno, Letizia Pia Cartolaro, Donato Paterno, Angelo Pignatelli, Alice Azzariti, Piero Dioniso e la partecipazione, in rappresentanza degli adulti, di Claudio Santamaria e Ernesto Mahieux

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