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Furori familiari in The Dinner, Richard Gere a Berlino

Con Laura Linney. Attore anti Trump, paura genera paura

Due famiglie (i Lohman), due fratelli agli antipodi e le rispettive mogli, un segreto che coinvolge i loro figli destinato a scardinare equilibri già precari e un tavolo di un ristorante di lusso, attorno al quale i quattro personaggi si riuniscono. Sono gli ingredienti di The Dinner, film in competizione alla Berlinale, del regista israeliano Oren Moverman (The Messenger, Rampart, Time out of Mind), con un cast composto da Richard Gere, Laura Linney, Steve Coogan, Rebecca Hall e Chloe Sevigny.
Un 'drama trhiller', sceneggiato dallo stesso Moverman sulla base del bestseller omonimo dell'olandese Herman Koch che, come ha spiegato lo stesso regista, indaga "la politica di come funziona una famiglia e come costruisce la sua storia". Un intreccio di furori e incomprensioni, malesseri e slanci egoistici mascherati da altruismo, accompagnato dal nonsense plastificato della società moderna (nella trasposizione di Moverman, quella americana), che porta due adolescenti - i figli delle coppie - a uccidere un senzatetto dandogli fuoco e a chiedersi dietro lo smartphone che riprende il rogo se la cosa stia avvenendo per davvero. C'è eco dell'America ai tempi del trumpismo, cartina di tornasole attorno a cui sembra girare tutta la Berlinale. Donald Trump, attore non protagonista, di nuovo criticato da Richard Gere in conferenza stampa per il "grande crimine di aver equiparato profughi e terroristi". "La paura genera paura", ha aggiunto Gere e anche Steve Coogan ha attaccato Trump descrivendo il disturbo mentale del suo personaggio: "Ma rispetto al presidente Usa si tratta di un piccolo mal di testa", ha detto.
Moverman ha però negato che Trump sia il convitato di pietra di "The Dinner": "Abbiamo iniziato le riprese lo scorso febbraio, quando non era immaginabile quel che poi sarebbe accaduto", ha detto.
Tanto più che il politico della famiglia, Stan (Richard Gere), è quello che più si aggrappa a una sorta di senso morale: vuole denunciare pubblicamente l'omicidio del figlio e rinunciare alla candidatura a governatore per stargli accanto. Il fratello Paul (un bravissimo Steve Coogan) è il fratello problematico, ossessionato dalle guerre, da un disturbo psichico inscritto nei geni di famiglia e da vittimismo patologico. Accanto a loro le due mogli, Claire (Laura Linney, molto brava anche lei) e Katelyn (Rebecca Hall), incapaci di incanalare il confronto verso una soluzione condivisa.
È una storia complessa mossa da una forza centrifuga che separa i protagonisti man mano che va avanti, narrata attraverso diversi piani di osservazione e scandita dalle portate di un menù conformista, tipico della gastronomia dei cuochi-star di oggi. Tutto si muove attorno al tavolo della cena, a cominciare dai commensali che si alzano in continuazione. "Il pericolo era di riprodurre sullo schermo una scena teatrale", ha spiegato ancora Moverman, ma il rischio è sventato anche grazie ai ripetuti flashback, che in parte seguono in parallelo il crimine compiuto dai figli, in parte ricostruiscono le vicende familiari dei due fratelli e in parte fanno i conti con la storia americana.
Già al suo secondo giorno di svolgimento, la Berlinale conferma la sua fama di festival politico, anche laddove, come in "The Dinner", gli agganci alla politica sono mediati dallo specchio della società. Ma gli artisti sfruttano la scena per esprimere il disagio verso l'intolleranza, magari con ironia. Come ha fatto l'attore messicano in giuria Diego Luna, che ha detto di essere venuto volentieri a Berlino per trovare "esperti" e "capire come si può abbattere un muro". Il muro di Trump.

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