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Belmondo-Skolimowsky, due ribelli per un Leone

Decisione CdA Biennale Venezia

(ANSA) - VENEZIA - Solo quattro anni dividono Jerzy Yurek Skolimowski (Lodz, 5 maggio 1938) regista e sceneggiatore polacco, e Jean-Paul Belmondo (Neuilly-sur-Seine, 9 aprile 1933), attore icona della Francia. Il primo, regista di nicchia e nomade per necessita' creativa, il secondo, passato con disinvoltura, dai film di Chabrol e Truffaut ai polar muscolari. Quello che unisce questi due personaggi, oltre al fatto di essere entrambi designati come Leoni d'oro alla carriera della 73/ma. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia (31 agosto-10 settembre), e' la loro natura ribelle e anche, sicuramente, l'amore per il pugilato.

Jerzy Skolimowski e' ribelle gia' nei suoi primi lavori. Ribelle rispetto ad ogni forma di autorita' e al conformismo comunista. Nella sua opera solo tanta amarezza venata da solipsismo. Per lui un'infanzia nel segno della tragedia: salvato dalle macerie della sua casa bombardata a Varsavia e con una madre-coraggio che nasconde una famiglia di ebrei e un padre membro della resistenza polacca giustiziato dai nazisti. Laureato in letteratura a Varsavia, boxeur per passione, a vent'anni ha gia' pubblicato libri di poesie ammantate di esistenzialismo. Grazie al jazz viene a contatto con il compositore Krzysztof Komeda, che lo presenta all'attore Zbigniew Cybulski e ai registi Andrzej Munk e Roman Polanski. Incontra poi Andrzej Wajda che gli mostra la sceneggiatura per un film dedicato ai giovani. Skolimowski la riscrive completamente per il film film 'Ingenui e perversi' (1960), diretto dallo stesso Wajda e con Skolimowski attore nel ruolo di un pugile. Collabora poi alla stesura della sceneggiatura dell'opera prima di Polanski, 'Il coltello nell'acqua' (1962). Da lui diciassette lungometraggi realizzati dalla Polonia al Belgio, dall'Inghilterra agli Stati Uniti, prima del ritorno in Polonia meno di dieci anni fa. E se la trilogia realizzata in Polonia ai suoi esordi, Rysopis (1964), Walkover (1965) e Barriera (1966), fu per i Paesi dell'Est una sorta di Nouvelle Vague polacca, tutto quello che viene dopo e' nel segno del rinnovamento. Arrivano nel 1967 'Il vergine' (Orso d'oro a Berlino) e, a seguire, 'La ragazza del bagno pubblico' (1970), 'L'australiano' (Grand Prix a Cannes nel 1978), 'Mani in alto!' (1981), 'Moonlighting' (migliore sceneggiatura a Cannes nel 1982). E questa indomita creativita' vale anche per gli ultimi film: 'Quattro notti con Anna' (2008), 'Essential Killing '(Premio Speciale Giuria a Venezia nel 2010) e 11 minuti (In concorso a Venezia nel 2015).

Jean-Paul Belmondo, faccia di pietra del cinema francese, o meglio il brutto pieno di fascino, passa dalla Nouvelle Vague di A doppia mandata (1959) di Claude Chabrol, Fino all'ultimo respiro (1960) e Il bandito delle 11 entrambi di Jean-Luc Godard, a La mia droga si chiama Julie (1969) di Franois Truffaut. Anti-eroe pensieroso per la Nouvelle Vague e poi capace di interpretare senza controfigura i piu' credibili gangster del cinema poliziesco francese, come in Asfalto che scotta (1960) di Claude Sautet, Lo spione (1962) di Jean-Pierre Melville e Il clan dei marsigliesi (1972) di Jose' Giovanni, da L'uomo di Rio (1964) di Philippe de Broca a Il poliziotto della brigata criminale (1975) di Henri Verneuil, da Joss il professionista (1981) di Georges Lautner a Una vita non basta (1988) di Claude Lelouch. Per 'Bebel' una vita sentimentale complicata: tre figli con la prima moglie, la ballerina lodie Constantin, poi una relazione con l'attrice Ursula Andress che dura fino al 1972 e poi, a seguire, quella con l'attrice italiana Laura Antonelli. Nel 2002 Jean Paul sposa a Parigi in seconde nozze la sua compagna Natty Tardivel e dalla quale divorzia sei anni dopo. Con lei una quarta figlia: Stella. E la boxe? Sin da ragazzo, l'attore ha calcato il ring, e quel naso schiacciato, da adorabile canaglia che fa parte del suo fascino, e' proprio un ricordo di un duro match in cui Belmondo le ha prese. (ANSA).

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