'Un hotel dove gli uomini e le donne si incontrano. Un hotel dove i corpi e i cuori si mettono a nudo. Un love hotel di Kabukicho, il quartiere a luci rosse di Tokyo''. Parte così 'Tokyo Love Hotel', in sala da domani con Tucker Film il racconto corale del bad boy giapponese Hiroki Ryuichi, che si divide tra erotismo, sesso e umorismo.
Al centro di tutto è appunto questo Hotel, non luogo, di nome Atlas, dove le coppie più diverse e per i più diversi motivi vanno a fare l'amore. C'è la prostituzione, coppie più o meno clandestine (tra cui due poliziotti) e anche aspiranti papponi alle prese con una minorenne. Nella concierge poi, tra questa varia umanità, c'è anche una donna delle pulizie ricercata per un delitto compiuto 15 anni prima, e Toru (Sometani Shota) un frustrato direttore d'hotel che scopre non solo che la sorella sta facendo un film porno al secondo piano, ma anche che la fidanzata, allo stesso tempo, si sta prostituendo in un'altra stanza al terzo piano per avere facilitazioni per il suo lavoro.
Insomma cinque coppie in crisi alle prese con le loro ossessioni, sessuali e non, un modo per il regista per raccontare l'amore in tutte le sue forme, da quella più sentimentale a quella più ossessiva.
Il film, presentato l'anno scorso in Italia al Far East Film Festival di Udine dopo essere stato a Toronto, è interpretato, fra gli altri, da Maeda Atsuko (ex idol della girl band AKB48).
''L'esperienza nel mondo del softcore è stata preziosissima per girare questo film - dice il regista -. Anche i pink eiga (genere giapponese di contenuto erotico softcore) venivano realizzati in tre quattro giorni al massimo e giravamo sempre nelle stessa stanza di un love hotel, dal momento che c'erano molte scene di sesso''.
Per quanto riguarda invece il sottile umorismo che si avverte in tutto il film, dice Hiroki Ryuichi:''L'intenzione era proprio questa, ma non sono stato coraggioso fino in fondo: avrei dovuto intitolarlo 'Mia sorella è un'attrice porno'''.
Una curiosità. Dato l'argomento nessuna scena esplicita di sesso in 'Tokyo Love Hotel' (tranne una in cui le parti intime sono solo viste in dissolvenza). In realtà in Giappone la legge vieta di mostrare organi genitali o rapporti sessuali espliciti sul grande schermo. Da qui appunto i pinku eiga, film a basso costo e softcore che con molti stratagemmi non incorrevano in censure.