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I pugni in tasca, 50 anni fa debutto shock Bellocchio

A Locarno restaurato, poi in sala. Nuovo film in gara a Venezia

(ANSA) - ROMA - Una vicenda di solitudine e malattia, in una villa isolata sull'Appennino emiliano, stanze claustrofobiche e vite apparentemente immobili pronte ad esplodere. E' il 1965 quando I pugni in tasca, il film dell'allora esordiente Marco Bellocchio, 26 anni, diventa un caso nazionale. I più illustri intellettuali del tempo - Soldati, Calvino, Moravia, Pasolini - ne dibattono. La critica lo annovererà tra i film manifesto, in grado di anticipare in qualche modo i fermenti del '68.

La pellicola ottiene la Vela d'argento per la miglior regia al Festival di Locarno. A distanza di 50 anni, I pugni in tasca torna al festival in versione restaurata nell'ambito della 68/a edizione che premia il regista con il Pardo d'onore Swisscom. Il restauro è stato sostenuto da Giorgio Armani, prodotto da Kavac Film e realizzato da Cineteca di Bologna (di cui Bellocchio è presidente) nei laboratori de L'immagine ritrovata. Il film tornerà in sala in autunno, distribuito a livello mondiale da The Match Factory. Bellocchio volerà poi alla 72/a edizione della Mostra del cinema di Venezia, dove è in concorso con Sangue del mio sangue. Tre anni dopo Bella addormentata, il regista piacentino torna in gara con una storia a cavallo tra due epoche, il '600 e i giorni nostri, che ha per protagonista Federico, un giovane uomo d'armi interpretato dal figlio Pier Giorgio (nel cast anche Roberto Herlitzka, Filippo Timi e Alba Rohrwacher).

In ogni caso, tutto comincia con I pugni in tasca. Protagonisti, quattro fratelli, orfani di padre e una madre cieca (Liliana Gerace). La storia si macera e si distrugge tra le personalità distorte dei componenti della famiglia. Ale (Lou Castel) è affetto da crisi di epilessia ed è morbosamente legato alla sorella Giulia (Paola Pitagora), a sua volta insicura ma innamorata del fratello maggiore, Augusto (Marino Mosè), l'unico che ha una vita volta verso l'esterno, regolarmente fidanzato ma cinico, dalle ambizioni borghesi. La ragazza fa di tutto per boicottare il fidanzamento del fratello, che è un uomo meschino, si vergogna della sua famiglia, non ha remore ad andare a prostitute, è tutto meno che un santo, anche se è l'unico su cui pesano i bilanci domestici. In quanto all'ultimo, Leone, è silenzioso, ritardato e a sua volta epilettico, classica vittima designata. Ale decide di liberare la famiglia dai suoi legami malati. Uccide la madre scaraventandola da una scarpata e poi affoga Leone. Giulia, quando lo scopre, ha una crisi, cade dalle scale e rischia di rimanere paralizzata. L'ignaro Augusto annuncia di voler andare via da casa e Ale lo blocca rivelandogli i propri crimini e minacciandolo. La sorella, incerta tra l'ammirazione e la paura, scivola dalle scale rimanendo semiparalizzata e Ale è tentato di ucciderla. Mentre ascolta inebriato La traviata saltella e danza, ma viene assalito da una forte crisi epilettica: chiama aiuto, ma Giulia non interviene, e il ragazzo muore.

Nel corso degli ultimi anni Bellocchio ha più volte parlato dei Pugni in tasca. Nel 2013 spiegava: "Era tutto molto diverso. Gli anni Sessanta erano anni difficili, il cinema era ancora molto legato alla politica, c'era un nucleo storico di registi che avevano contribuito alla grande storia del cinema italiano e altri più giovani che testimoniavano i fermenti della società che avrebbero poi portato a soluzioni drammatiche". "La cosa che colpisce di più, oltre a una storia che dà ancora turbamenti - sottolineava ancora - è che questo film conserva ancora una forza, continua ad avere qualcosa di insolito, un coraggio e una volontà di non adeguarsi ai modelli dell'epoca".

Con il restauro dei Pugni in tasca Armani prosegue il suo sostegno al mondo del cinema. Oltre ad aver creato i costumi di più di d200 film, ha anche collaborato alla preservazione e al restauro di pellicole importanti, provenienti da tutto il mondo. "Quando ero bambino - ha detto lo stilista - il cinema era per me la più bella delle vie di fuga dalla realtà. Mi piaceva immaginare ogni volta di vivere le stesse avventure e le stesse emozioni dei protagonisti dei film. Aver avuto nel corso della mia carriera la possibilità di lavorare con i più grandi registi e attori, dando vita a storie magnifiche, e poter contribuire alla conservazione del patrimonio cinematografico è in un certo senso un sogno che si è avverato". (ANSA).

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