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Kubrick ricordato a Hollywood, luogo che odiava

A 15 anni da morte Warner Bros. lo omaggia con docu e cofanetto

A 15 anni dalla sua morte il mondo del cinema rende omaggio a Stanley Kubrick. Candidato 13 volte al Premio Oscar e vincitore del Leone d'Oro alla carriera al Festival di Venezia, Kubrick, uno dei più grandi registi di sempre, vive ancora. Agli studi della Warner Bros. di Los Angeles il suo ricordo è vivo grazie alle parole di alcuni degli attori che sotto le sue mani sono diventati grandi. L'occasione è la presentazione di un cofanetto blu-ray delle opere del grande regista scomparso e dell'anteprima mondiale del documentario Kubrick Remembered, di Gary Khammar.

Malcolm McDowell, il mitico capo drugo Alex di Arancia Meccanica racconta come Kubrick lo coinvolse nel famosissimo film: "Entrò nel piccolo alloggio dove abitavo, chiuse la porta a chiave, mi lanciò un libro e disse: 'Quando hai finito di leggerlo chiamami'. Quel libro si intitolava 'A Clockwork Orange', e mi avrebbe cambiato la vita per sempre". Oltre a McDowell, a ricordare il regista c'era Ryan O'Neal, protagonista di Barry Lyndon: "Quando mi chiedono se il film mi è piaciuto, rispondo sempre con una smorfia. Andiamo! Dura tre ore ed è anche un po' noiosetto…".

Però intanto O'Neal ha chiamato il figlio avuto con Farah Fawcett proprio Redmond, come il suo personaggio nel film. Il fatto è che anche a lui Kubrick ha cambiato la vita: "Era maniacale nella cura dei particolari, una volta mi chiese per la sessantesima volta di rifare una scena e io gli risposi che cosa avrei dovuto modificare: 'Nulla, ne voglio solo un'altra fatta esattamente nello stesso modo'. Leon Vitali era legato al regista da profonda amicizia: oltre a interpretare il figliastro Lord Bullingdon in "Barry Lyndon" e il Gerofante Rosso di "Eyes Wide Shut", fu suo assistente per ben 25 anni: "Definire Kubrick in una parola? Impossibile, ne uso tre: forza della natura".

Gary Khammar, il regista del documentario "Kubrick Remembered" racconta il Kubrick che nessuno conosce, quello privato, riservato, timido ma simpatico al tempo stesso, grazie alle testimonianze e agli aneddoti dell'ultima moglie, Christiane Kubrick, della figlia Katharina e di tanti personaggi che con il regista del Bronx hanno lavorato gomito a gomito: "Dei suoi film lui era produttore, regista, direttore della fotografia, responsabile delle luci e anche del suono, voleva avere sempre tutto sotto controllo. Amava il talento e il talento amava lui. La più grande sorpresa che emerge dal documentario? Scoprire quanto lui non fosse una persona chiusa, anzi. Era molto aperto, un giocherellone, amava la famiglia, i suoi animali domestici e gli amici. Solo non aveva interesse nell'essere famoso, per questo aveva deciso di vivere in Inghilterra, lontano dai riflettori e dalla vita frenetica di Hollywood. Per questo non rilasciava mai interviste, una cosa che la stampa inglese non gli perdonò mai". Oggi, a 15 anni dalla sua scomparsa sono in molti a chiedersi se il cinema abbia trovato un degno erede di Stanley Kubrick: "Steven Spielberg e Christopher Nolan possono assomigliarli in qualche modo - afferma Khammar - Ma lui è su un altro livello. Per molti sarà sempre il miglior regista di tutti i tempi".

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