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Imre Kertesz, il Nobel che raccontò la barbarie dei regimi

Reduce campi nazisti, scrittore ungherese aveva 86 anni

Rifiutava l'idea di essere uno "scrittore dell'Olocausto", ma la fama di Imre Kertesz a livello internazionale si deve innanzi tutto al romanzo "Essere senza destino" (Sorstalansag), che e' la storia di un ragazzo deportato nei campi di sterminio nazisti. Resoconto della drammatica esperienza personale, che ha certamente segnato l'uomo e il letterato. All'eta' di 86 anni, lo scrittore ungherese, Nobel per la letteratura nel 2002, e' morto nella sua casa di Budapest dove viveva con la seconda moglie, dopo una lunga malattia: il Parkinson, che lo paralizzava da tempo. L'annuncio e' stato dato dal suo editore, la casa Magvetoe Kiado. Nato in una famiglia di origine ebraica, Kertesz fu deportato quindicenne ad Auschwitz, e successivamente a Buchenwald, nel 1944, da dove fu liberato nel 1945.

Segnato per sempre da questa esperienza con il male, questo celebre autore ha lavorato anche come giornalista, e come manovale di fabbrica, sotto il regime comunista in Ungheria. La sua scrittura nasce proprio dal confronto, da giovanissimo, con la Shoah, ed e' diventata grande letteratura. Per mantenersi, negli anni '60, inizio' a scrivere pezzi teatrali leggeri e a tradurre opere di Freud, Nietzsche, Canetti e Wittgenstein. Ma nella sua "cella di prigionia volontaria", un piccolo appartamento di Budapest, con vista sul Danubio, aveva iniziato gia' anche "Essere senza destino", il primo romanzo, basato sull'esperienza diretta vissuta nei campi. Ci lavoro' su per 13 anni, e il libro, pubblicato nel 1973, non ebbe grande risonanza. Ci sono voluti quasi 20 anni, e la caduta del Muro di Berlino, perche' il vero valore dei suoi scritti trovasse riconoscimento in patria e in tutta Europa. Nel 2002 gli fu conferito il Nobel per la letteratura, e fu premiata - recitava la motivazione - "una scrittura che sostiene la fragile esperienza dell'individuo contro la barbarica arbitrarieta' della storia". Kertesz ha sempre rifiutato l'etichetta di "scrittore dell'Olocausto": ha scritto infatti del destino dell'uomo, nelle diverse barbarie. "Ci ha aiutato molto di capire la natura delle dittature", ha commentato Zoltan Hafner, redattore delle sue opere per l'editore Magvetoe. "Ho scritto 'Essere senza destino' anche sul regime di Kadar", il leader comunista che guido' l'Ungheria per 25 anni, spiego' egli stesso in un'intervista a Elet es Irodalom (Vita e letteratura). " riuscito a formulare l'essenza del totalitarismo", secondo Gabor T. Szanto, redattore di una rivista ebraica di Budapest. Il dato fondamentale della nostra vita e' il male, il bene e' irrazionale, sosteneva Kertesz, che viveva con difficolta' anche le sue origini ebraiche.

Non era credente, ma ha dovuto condividere l'esperienza degli ebrei in un Paese in cui l'antisemitismo e' vivo anche 70 anni dopo l'olocausto, e dove una sincera autocritica sui nazisti ungheresi non e' mai stata fatta. Anche il premio Nobel - primo ed unico ottenuto da uno scrittore ungherese - conferito ad un autore di origine ebraica e' stato criticato da molti in Ungheria. Kertesz, molto amareggiato, lascio' Budapest anche per questo motivo, e si trasferi' a lungo a Berlino: un rifugio dal Paese natio governato dalla destra nazionalista, responsabile della propaganda sui media contro ebrei, stranieri e liberali. Kertesz ha creduto nell'Europa anche dopo Auschwitz e amava la Germania radicalmente cambiata dopo la guerra: proprio gli editori tedeschi l'hanno scoperto e lanciato, facendogli raggiungere la fama internazionale. Temeva la caduta dei valori europei nel multiculturalismo e nella commercializzazione: a questo sentimento ha dato espressione in alcuni suoi studi e nelle ultime opere. A proposito della crisi migratoria, denuncio': "Viviamo in un liberalismo suicida, indifeso contro un islam che professa l'odio". Oggi e' stato commemorato da tutti, destra e sinistra. Nel Museo letterario di Budapest, intellettuali e scrittori lo veglieranno stanotte, con fiaccole, leggendo brani tratti dalle sue opere. In Italia era particolarmente amato: quasi tutte le sue opere importanti sono state pubblicate da Feltrinelli e Bompiani, tradotte da Giorgio Pressburger, Antonio Sciacovelli e Mariarosaria Sciglitano. (ANSA).

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