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Avati, racconto il dramma della migrazione

'Europa non sta facendo nulla per aiutare Italia in accoglienza'

(ANSA) - BERLINO - "L'Europa non sta facendo assolutamente nulla per aiutare l'Italia nell'accoglienza dei richiedenti asilo. Solo parole". A Berlino per la prima volta nella sua straordinaria carriera di regista e sceneggiatore, Pupi Avati ha ultimato le riprese del suo prossimo film per la tv coprodotto da Rai Fiction e dalla DueA Film, 'Il sole negli occhi', la fuga dalla disperazione della guerra di un bambino siriano alla ricerca della sua famiglia. Attraverso Lampedusa, fino in Germania.
    "Girare a Berlino è stata una scelta derivata dalle ricerche che abbiamo fatto", ha spiegato Avati all'ANSA a proposito del film in onda a novembre: i migranti arrivano sulle coste italiane, "il primo approdo geografico", ma il loro progetto è quello di proseguire il viaggio verso nord. Verso la Germania, dove le leggi "li proteggono e li garantiscono di più sul piano sociale. Anche se l'Italia fa persino di più per i profughi: il primo impatto lo sopportiamo tutto noi".
    Con Laura Morante nel ruolo di protagonista, e il piccolo e bravo Amor Faidi al suo fianco, "a Berlino abbiamo girato la parte più emozionante del film, il finale", racconta Avati.
    Quella tedesca "è stata un esperienza estremamente positiva": "Abbiamo trovato una troupe che è entrata immediatamente nello spirito e nella qualità del progetto. Nonostante fosse composta da giovanissimi c'è stata la giusta intesa, perché il cinema è come la musica, sono linguaggi universali".
    Avati ha cercato di portare il dramma della migrazione fuori dal circo delle notizie e dentro la vita degli individui: "Abbiamo affrontato la questione con gli occhi di un bambino, con una sensibilità che mi auguro emozionerà gli spettatori".
    Per il regista bolognese "questi esseri umani devono essere visti come singoli. Non sono una massa: non sono 800-1000. Sono tutti uno".
    Secondo Avati "Rai Fiction sta facendo moltissimo per ridare alle tematiche sociali il peso che dovrebbero avere nel cinema.
    Cosa che il nostro cinema non ha più l'ardire di fare, vittima del mercato". E' proprio questa consapevolezza che ha convinto Avati, "regista cinematografico di lunga militanza", a ricorrere alla televisione. E ora "ci auguriamo di poter raccontare ancora altre storie sociali, tematiche che solo la televisione ti permette di fare. Soprattutto la Rai, che così svolge quel servizio pubblico cui è chiamata". (ANSA).
   

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