(di Silvia Lambertucci)
(ANSA) - ROMA, 8 LUG - Un museo ''deve dire la verità''
sottolinea la direttrice del Mart di Rovereto Cristiana Collu. E
la premessa è importante perché il polo museale trentino, tre
sedi una delle quali firmata dal grande Mario Botta, una
programmazione di successo e un pubblico che negli ultimi anni
ha superato le 200 mila persone l'anno, apre le porte da ottobre
ad un'articolata riflessione sulla guerra che partendo dal primo
conflitto mondiale, di cui ricorre il centenario, allarga lo
sguardo alle tante, troppe guerre dei nostri giorni e al modo di
raccontarle, con la fotografia, le cronache, persino i tappeti
che in Afganistan dal 2001 si sono riempiti di elicotteri, carri
armati, kalashnikov. Perché affrontare il tema della Grande
Guerra ''non sia la commemorazione di un fantasma'', spiega
appassionata la Collu, ''ma uno scenario con il quale fare i
conti''.
Da qui il progetto che parte il 4 ottobre a Rovereto, nella
sede principale del museo con 'La guerra che verrà non è la
prima' (il titolo è mutuato da una poesia di Bertold Brecht)
oltre 3mila metri quadri di percorso in cui l'evento storico
emerge come il risultato di una composizione narrativa
complessa, in cui le ragioni della politica fanno i conti con
le ambizioni della cultura e le ricerche di senso del sentire
collettivo o con le testimonianze, come quella che arriva da una
serie di reperti (scarponi, elmetti, divise, persino un
sovrascarpone in paglia) riemersi solo poco tempo fa dai ghiacci
delle montagne che della guerra furono teatro.
Niente ordine cronologico: nell'allestimento del Mart -
realizzato con l'aiuto di istituti storici e università - il
tema della Grande Guerra viene letteralmente attraversato,
spiega la coordinatrice Nicoletta Boschiero, con i diversi
linguaggi chiamati a sovrapposizioni e contaminazioni corali,
con le arti contemporanee che entrano in contatto con la materia
della quotidianità, i capolavori delle avanguardie che
completano gli strilli della propaganda, i documenti, i
reportage le testimonianze della vita quotidiana e le opere
d'arte che provano ad aprire un varco nelle strettoie con cui si
è soliti leggere i fatti che stanno alle nostre spalle.
Direttamente dalla collezione del museo o prestate da
collezionisti e grandi musei internazionali ci sono le opere
dell'avanguardia italiana, da Balla a Bucci, da Depero a
Severini, e ancora le tele di Chagall, Licini, Martini, Morando,
Sironi, tutti artisti che della guerra hanno vissuto
l'esperienza, così come il cecoslovacco Josef Sudek, impegnato
direttamente nel conflitto. La guerra anche come concetto,
pensiero che ricorre nelle opere di Baj, Burri, Boetti, Jaar,
Kentridge, solo per citare alcuni degli artisti esposti. Ma c'è
spazio anche per artisti inediti al pubblico italiano, come
Smadar Dreyfus che con la monumentale video installazione
Mother's Day (lunga quasi 25 metri) fa incontrare le voci di
madri e figli della comunità drusa, divisa tra territori siriani
e israeliani. Mai vista in Italia anche la serie completa di
xilografie di Sandow Birk che racconta la guerra in Iraq
rifacendosi alle xilografie del ciclo Le grandes Miseres de la
guerre di Jacques Callot (1633) alle quali si ispirò anche Goya.
Di particolare importanza due tele di Fortunato Depero, Guerra
Festa, esposto per la prima volta dopo il restauro, e un Dramma
Pittoplastico che si credeva disperso e che è stato ritrovato da
un collezionista tedesco che lo lasciato al museo.
Apre dall'11 ottobre invece, nella Casa D'Arte Depero,
''Calpestare la guerra'' con un percorso, curato da Nicoletta
Boschiero ed Edoardo Marino fra i 'tappeti di guerra', con 50
tappeti provenienti dall'Afganistan, prodotti a partire dal 1979
a seguito dell'invasione sovietica, e 'fazzoletti di pace'
realizzati da donne e bambini con scene quotidiane di chi la
guerra la vive. Nelle sale della Galleria Civica di Trento,
infine, dal 25 ottobre, Afterimage, con le immagini dei
reportage di guerra dagli anni Cinquanta ai giorni
nostri.(ANSA).