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Scaricabarile Brexit, Boris si prepara a no deal e voto

Gioco del cerino fra Gb e Ue, premier assolda guru elettorale

(di Alessandro Logroscino) - (ANSA) - LONDRA - La partita assomiglia ormai a uno scaricabarile. Un gioco del cerino per prepararsi ad additare il colpevole della Brexit no deal che (forse) verrà. A meno di 90 giorni dalla scadenza del 31 ottobre, fissata da Boris Johnson come data invalicabile per l'uscita di Londra dall'Ue, i toni ripetitivi del botta e risposta fra il nuovo premier britannico e Bruxelles sembrano ridotti in sostanza a questo: mentre si allontana la sensazione d'un potenziale bluff di Downing Street e si avvicina, in barba alle smentite di rito, quella di una strategia che potrebbe riportare il Regno Unito alla resa dei conti ravvicinata d'elezioni politiche anticipate.
    Col mago delle urne Isaac Levido già convocato dall'Oceania per mettere in moto la macchina della propaganda Tory-brexiteer.
    La minaccia del salto nel buio di un divorzio senz'accordo - traumatico nelle previsioni generali quanto a impatto immediato sull'economia dell'isola, ma molto allarmante anche per diversi Paesi chiave del continente - viene presa sempre più sul serio nei palazzi delle istituzioni europee. L'ultimatum di Johnson (riaprire il pluri-bocciato accordo di recesso sul tavolo da novembre, abolendo la clausola di garanzia "dell'antidemocratico backstop" sul confine irlandese, o preparasi al no deal) non cambia. E nella percezione dei 27, che ufficialmente continuano a dire no a ogni revisione dell'intesa, significa che la strada è segnata. Salvo miracoli. Il successore di Theresa May "sta giocando sulla paura del 'no deal' per tentare di dividere gli Europei, per ora l'unità dei 27 tiene, ma bisognerà vedere fino al 31 ottobre", commenta un anonimo diplomatico d'alto rango.
    A livello formale i canali di contatto rimangono aperti, come ribadito oggi da una portavoce del presidente uscente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker. Ma al momento il dialogo è quasi nullo, e comunque fra sordi. Downing Street insiste ad auspicare che sia Bruxelles a "cambiare atteggiamento", mentre Michael Gove, il ministro delegato da Boris per intensificare i preparativi dei piani di emergenza in vista dell'eventuale hard Brexit, si dichiara "molto rattristato dal rifiuto dell'Unione Europea di negoziare". Non siamo noi a volere il no deal, "non è certo la nostra opzione preferita", replicano, irritate, alcune fonti di Bruxelles, ributtando la palla nel campo di Johnson.
    Una palla che d'altronde potrebbe servire presto per un gioco diverso: quello d'una campagna elettorale che qualcuno definisce "populista", a cui BoJo si disporrebbe a presentarsi sventolando la bandiera della Brexit contro un'Ue denunciata come chiusa al compromesso. Il cattivo di turno, il 'villain' dei film di 007.
    L'ipotesi viene in effetti esclusa dal premier, almeno fino al 31 ottobre. Ma i rischi di una rivolta trasversale in Parlamento e di una maggioranza friabile sembrano spingere sotto banco proprio in questa direzione. Tanto più che i sondaggi, pur incerti, non condannano affatto Boris Johnson in partenza, sistema uninominale britannico alla mano. E che la Brexit nel frattempo potrebbe andare avanti comunque di default, visto che le possibilità della Camera dei Comuni di bloccare un no deal si sono ridotte a mosse "molto, ma molto difficili", come osserva Vernon Bogdanor, politologo oxfordiano di chiara fama.
    A far risuonare la campanella del voto è anche la nomina fresca fresca d'un guru elettorale di spessore mondiale nello staff organizzativo del Partito Conservatore, Isaac Levido, già braccio destro del luciferino spin doctor australiano sir Lynton Crosby. A Levido - protagonista quest'anno proprio in Australia della clamorosa vittoria in rimonta alle urne della coalizione dei Liberal-Nazionali di Scott Morrison - pare siano stati dati poteri assoluti sulla propaganda Tory, in coordinamento con un altro temuto burattinaio del consenso: quel Dominic Cummings, neo consigliere politico di Downing Street, che fu la mente della piattaforma Vote Leave al referendum del 2016. (ANSA).
   

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