(di Francesco Cerri)
(ANSA) - BARCELLONA, 22 OTT - Carles Puigdemont è chiuso a
Palazzo della Generalità con i consiglieri più stretti per
preparare le prossime mosse. Il conto alla rovescia dell'art.
155 ora ticchetta veloce. Lo stesso presidente della Generalitat
della Catalogna ora rischia l'arresto con la procura spagnola
che si prepara a incriminarlo per 'ribellione'.
E mentre Madrid torna - per voce del suo ministro degli esteri
Alfonso Dastis - a sottolineare che la mossa di ieri non "è
stata un golpe ma segue i dettami della Costituzione", venerdì
il senato spagnolo, controllato dal Pp, darà luce verde alle
dure misure annunciate da Rajoy. Il popolo indipendentista
annuncia resistenza, con l'appoggio anche di Podemos, cui
Puigdemont sta aprendo in nome della 'difesa della democrazia'.
Il President è sottoposto a fortissime pressioni. Di parte
dello schieramento indipendentista per una fuga in avanti e la
proclamazione della 'Repubblica'. E dell'ala moderata che gli
chiede di salvare l'autogoverno convocando subito elezioni
anticipate per fermare, forse, il 'golpe' spagnolo. Una linea su
cui El Periodico e La Vanguardia oggi lo invitano in
castigliano, "President ponga las urnas", e in catalano,
"President posi les urnes", a convocare le elezioni. Una
ipotesi, dice però il portavoce Jordi Turull, "per ora non sul
tavolo".
"Il peggio deve arrivare" avverte l'analista Enric Hernandez,
"il 155 può scatenare una rivolta sociale: disobbedienza,
arresto di politici, scontro civile e, diciamolo, violenza".
"Questa è la catastrofe che ci attende se nessuno tira il freno.
Oggi è nelle mani del presidente di tutti i catalani evitare il
dramma", "convocare elezioni".
Domani il Parlament deciderà quando tenere la seduta che
potrebbe proclamare la 'Repubblica', mercoledì o venerdì. Cioè
all'ultimissimo secondo, quando il Senato darà via libera ai
poteri quasi assoluti di Rajoy in Catalogna. Nella speranza di
un colpo di scena.
"E' come quando sai che la tua coppia traballa, all'improvviso
la mazzata, scopri che l'altro ora ti è nemico" sospira Marta,
giovane infermiera di moderate simpatie indipendentiste, seduta
a un tavolino della Rambla.
Per molti catalani il durissimo commissariamento deciso ieri
dal governo di Madrid è stato non solo un duro colpo
all'autonomia delle loro istituzioni, ma anche una sorta ferita
negli affetti.
Sui giornali di Barcellona oggi c'era la foto del leader di
Catalunya en Comu Xavier Domenech, vicino a Podemos, in lacrime
fra le 450mila persone che si sono riversate in Passeig de
Gracia ieri per denunciare il 'golpe' di Madrid, attorno al
presidente Puigdemont, il volto chiuso. Alle altre
manifestazioni oceaniche il popolo indipendentista arrivava
festoso. Ieri, scrive il quotidiano in catalano El Punt Avui,
era "assorto", "arrabbiato", "offeso", "umiliato".
Molti si sono sentiti trattati da Madrid come 'sudditi in una
colonia'. "I volti tristi della gente erano la grande novità
rispetto alle altre manifestazioni" conferma Ara, l'altro
quotidiano in catalano.
Nessuno si aspettava un pugno tanto duro da parte dello Stato
spagnolo, la destituzione del President e del Govern, il
Parlament esautorato, il controllo su Radio-tv, Mossos, finanze,
in pratica su tutto. "Un golpe" ha tuonato Puigdemont. "Hanno
sospeso l'autonomia, bruciato lo stato di diritto" accusa il
filosofo Ferran Requejo. Madrid nega: "nessun golpe, solo il
ripristino della legalità costituzionale".
La stampa catalana lancia l'allarme. "Rajoy uccide la
democrazia" per Punt Avui, che a tutta prima pagina annuncia un
"Ritorno al passato" franchista. "Non rinunceremo al nostro
governo legittimo davanti all'attacco più duro contro le
istituzioni di questo paese dalla dittatura di Franco" avverte
l'editoriale di Ara, che invita alla 'resistenza' in nome della
"Llibertat!". (ANSA).