(ANSA) - ROMA, 07 MAR - Sono 433.000, in Italia, le donne
con figli in condizioni di inattività lavorativa, e occupate
part-time (153.000) che, nel 2017, "avrebbero potuto cambiare la
propria posizione, se fossero stati adeguati i servizi per
l'infanzia e per la gestione di persone non autosufficienti".
Una condizione, quella delle madri costrette a non far parte del
mercato occupazionale, particolarmente marcata a Palermo (quasi
metà dell'intera platea di donne con figli in età lavorativa, il
44,8%), mentre tale quota scende a poco più del 12,5% a Milano.
Lo si legge nell'indagine dell'Osservatorio statistico dei
consulenti del lavoro che, alla vigilia della Festa delle donna,
l'8 marzo, ha analizzato i dati dell'occupazione femminile,
soffermandosi sulle cause che inducono la componente 'rosa' a
scegliere il part-time, o all'inattività e sulle retribuzioni di
ingresso al momento dell'assunzione del lavoratore, mettendo a
fuoco anche le pesanti conseguenze sul piano pensionistico
derivanti da carriere discontinue, o da tempi di lavoro ridotti.
Permane, sempre esaminando i dati del 2017, il 'gap' retributivo
di genere, giacché "nonostante l'assunzione di 2,8 milioni di
donne nel 2017 (rispetto a 3,2 milioni di uomini), il 35,7% ha
ricevuto uno stipendio mensile inferiore a 780 euro". E, meno si
è impiegati, maggiori son le conseguenze in campo previdenziale:
dai dati Inps sui beneficiari di pensioni in Italia, scrivono i
professionisti, "è chiaro che, nonostante le donne beneficiarie
di prestazioni pensionistiche siano 8,4 milioni (862.000
in più degli uomini), solo il 36,5% beneficia della pensione di
vecchiaia - frutto della propria storia contributiva - contro il
64,2% degli uomini". Rafforzare il welfare si rivela, dunque,
"quanto mai essenziale", secondo il presidente della Fondazione
studi dei consulenti del lavoro, Rosario De Luca. (ANSA).