(ANSA) - TREVISO, 09 DIC - Le chiusure di esercizi
commerciali nel periodo del lockdown, la scorsa primavera, hanno
interessato in Veneto più di 25 mila punti vendita al dettaglio
non alimentare, cioè più di uno su due, e nel 45% dei casi si
tratta di esercizi del sistema tessile-moda-calzature.
E' uno dei dati diffusi oggi nel corso di un incontro
convocato da Unioncamere del Veneto e dalla Confcommercio
regionale, al quale hanno partecipato i presidenti delle due
sigle, Mario Pozza e Patrizio Bertin.
Nel settore, è stato rilevato, relativamente al fatturato si
è assistito ad una evidente polarizzazione a seconda dei generi
merceologici. I provvedimenti di chiusura hanno riguardato tre
aziende su cinque, nelle quali opera circa la metà degli
addetti, con un generale calo dei consumi che però non ha
riguardato il segmento dei beni alimentari e dei generi di prima
necessità, ambiti in cui al contrario si è registrata
un'espansione dei ricavi.
Nei primi nove mesi, su base nazionale, a fronte di una
contrazione del 13,5% del no food, quella dei beni alimentari
marca un incremento del 3,1%. Nel complesso, il calo negativo
dei consumi del 6,3% deriva dalla combinazione di una flessione
notevole nelle piccole superfici di vendita (-11,3%), di un
raffreddamento più attenuato nella grande distribuzione (-2,8%)
e di una grande accelerazione, al contrario, per i canali di
vendita online (+29,2%).
Secondo le stime di Confcommercio, dall'inizio del 2020 i
consumi di residenti e turisti appaiono ridotti in Veneto di
oltre il 15%, contro una flessione media nazionale di 11 punti,
mentre sotto il profilo occupazionale, in base ai dati
dell'agenzia regionale Veneto Lavoro il commercio al dettaglio
paga la pandemia con una contrazione di circa 2.100 posizioni
lavorative. (ANSA).