Prima che in Cile arrivino nuovamente gli investigatori del Papa - mons. Charles Scicluna e padre Jordi Bertomeu -, Francesco dà il via alle epurazioni nella Chiesa locale in seguito allo scandalo degli abusi sessuali sui minori. Il Pontefice, nelle cui mani il 17 maggio scorso i vescovi cileni avevano rimesso collettivamente i loro mandati a conclusione dei colloqui in Vaticano, ha infatti accettato la rinuncia del vescovo di Osorno mons. Juan Barros Madrid, e di altri due vescovi, quello di Puerto Montt, mons. Cristian Caro Cordero, e quello di Valparaiso, mons. Gonzalo Duarte Garcia de Cortazar. Al loro posto, per le tre diocesi, il Papa ha nominato altrettanti amministratori apostolici.
Per l'arcidiocesi di Puetro Montt, Bergoglio ha nominato amministratore apostolico 'sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis' padre Ricardo Basilio Morales Galindo, provinciale dei Mercedari in Cile. Per la diocesi di Valparaiso, mons. Pedro Mario Ossandon Buljevic, vescovo ausiliare di Santiago del Cile. Per la diocesi di Osorno, quella da cui era partito lo scandalo dopo le proteste dei fedeli e dei sacerdoti per la nomina a vescovo di Juan Barros, accusato di aver taciuto i crimini sessuali del suo padre spirituale don Fernando Karadima nella parrocchia di 'El Bosque' a Santiago, amministratore apostolico 'sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis' sarà invece mons. Jorge Enrique Concha Cayuqueo, anch'egli ausiliare di Santiago.
I provvedimenti del Papa erano attesi, e negli ultimi giorni dati per imminenti, in particolare verso Barros, al quale negli ultimi anni Francesco aveva respinto per due volte la richiesta di lasciare la diocesi non ritenendo provate le accuse che le vittime di Karadima rivolgevano contro di lui. Il contestatissimo ormai ex vescovo di Osorno adesso si ritirerà in un anno sabbatico.
L'atteggiamento 'prudente' e ultra-garantista di papa Bergoglio nei confronti di Barros ha lasciato il campo a una ben diversa determinazione, che ha coinvolto l'intero assetto di potere della Chiesa cilena, dopo il dossier di 2.300 pagine di testimonianze raccolte da Scicluna e Bertomeu nella loro prima spedizione in Cile e dopo l'ascolto in lunghi colloqui in Vaticano delle tre vittime Juan Carlos Cruz, James Hamilton e José Andrés Murillo. All'inizio di questo mese il Papa ha incontrato in Vaticano anche alcuni sacerdoti che in passato subirono gli abusi di Karadima.
Ha anche scritto una lettera al popolo cileno, riconoscendo che "ci sono state situazioni che non sapevamo vedere e sentire. Come Chiesa non potevamo continuare a camminare, ignorando il dolore dei nostri fratelli". "Credo che qui sia uno dei nostri principali difetti ed omissioni - ha ammesso Francesco: il non sapere ascoltare le vittime. Quindi sono state tratte conclusioni parziali, dove mancavano elementi cruciali per un discernimento sano e chiaro. Con vergogna devo dire che non abbiamo sentito e non abbiamo reagito in tempo". Ora le vittime sono state ascoltate. E i provvedimenti verso i vescovi insabbiatori sono iniziati.