(ANSA) - ROMA, 28 MAG - "Il tasso di inflazione rimarrà sopra
il +2% fino al 2025, erodendo la capacità di spesa delle
famiglie, frenando la ripresa dei consumi e depotenziando gli
effetti positivi del previsto alleggerimento fiscale", avverte
Confesercenti. L'impatto dell'inflazione sul potere di acquisto
"incide sulla crescita dei consumi e potrebbe depotenziare, di
fatto, gli eventuali benefici della riforma fiscale in arrivo.
L'era della bassa inflazione, infatti, - viene sottolineato
nell'analisi - sembra ormai del tutto terminata. Anche se il
picco del 2022 appare episodico e determinato da fattori esterni
come lo shock energetico, in prospettiva torneremo a
sperimentare un'inflazione permanentemente più elevata di quella
con cui ci eravamo abituati a convivere. Ci aspettiamo infatti -
stima Confesercenti - un tasso di aumento dell'indice dei prezzi
del +5,7% nell'anno corrente, del +3,8% nel 2024 e del +2,8% nel
2025. Solo nel 2026 si dovrebbe assestare sul +2%, la soglia
comunemente considerata come obiettivo per la stabilità dei
prezzi. Un punto d'arrivo, comunque, quadruplo rispetto al tasso
medio di inflazione del +0,5% che si è registrato nel
quadriennio 2016-2019, prima della pandemia.
E' "Uno scenario che avrà conseguenze importanti sul potere
d'acquisto delle famiglie: considerando anche la perdita già
maturata nel 2022, la compressione subita dalla capacità di
spesa delle famiglie ammonterebbe, nella media 2022-2025, al 16%
del reddito disponibile. Per avere un termine di confronto, si
consideri che nel quadriennio 2016-2019, l'erosione di potere
d'acquisto provocata dall'inflazione era stata in media
dell1,5%".
L'impatto inflazionistico "sta inoltre rallentando il recupero
dei livelli di consumo pre-pandemici, che nelle attuali
condizioni non potrà essere completato prima del 2025. E si
allontana sempre di più anche l'obiettivo di recuperare i
livelli precedenti alla crisi finanziaria internazionale: se
prendiamo a riferimento il valore dei consumi reali del 2007, a
fine 2025 mancheranno ancora 18 miliardi. Questo perché, sempre
a causa dell'alta inflazione, i consumi aumenteranno in termini
cumulati di appena il 2,1% nel triennio 2023-2025, ossia di un
insoddisfacente 0,7% annuo".
Questo scenario - avverte quindi Confesercenti - "impone un
aggiustamento di rotta anche per l'agenda di politica economica,
a partire dal fisco. La necessità di salvaguardare il potere
d'acquisto delle famiglie impone infatti di prestare attenzione
anche al fenomeno del fiscal drag, che si determina quando
l'aumento nominale dei redditi correlato all'inflazione porta
automaticamente all'applicazione di aliquote più elevate e
quindi all'incremento del prelievo fiscale. Un assaggio lo si
sta avendo con il taglio del cuneo fiscale predisposto dal
governo, che in parte sarà eroso proprio dal fisco. Bisogna
dunque rivedere la struttura delle aliquote per annullare gli
effetti negativi del fiscal drag, o si rischia di depotenziare
l'impulso che la riforma fiscale in preparazione potrebbe
produrre, in condizioni di stabilità dei prezzi, sulla capacità
di spesa delle famiglie". (ANSA).