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Han Kang, "parlare di dolore è parlare di umanità"

L'autrice coreana riceve Premio Malaparte. "Adoro Primo Levi"

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(Di Daniela Giammusso)

CAPRI (NA) - “La violenza è un processo doloroso. Ma è un tema importante da affrontare, perché è la prova di una possibile redenzione, di una dignità che ci può distinguere come essere umani. Ecco, parlare di dolore per me è parlare di umanità”. Il sorriso gentile, la voce pacata, così Han Kang, la scrittrice coreana del pluripremiato best seller “La vegetariana”, parla di “Atti Umani”, suo nuovo libro appena uscito in Italia (sempre per Adelphi) e ispirato questa volta al massacro di Gwangju, rivolta repressa nel sangue nel 1980, proprio nella città dove lei è nata. Una pagina di storia e letteratura per cui domani riceverà il Premio Malaparte 2017, tornato ancora a Capri per la sua XX edizione sempre accompagnato e sostenuto da Ferrarelle.

“Ė la quarta volta che vengo in Italia”, racconta all’ANSA Han Kang, classe 1970 e Booker Prize 2016 per La vegetariana, che nei prossimi giorni sarà impegnata nella promozione del nuovo libro tra Napoli, il 3 ottobre, e a seguire Roma e Milano, il 4 e il 5. “È la prima volta però che vengo sotto Roma. Ė così differente dal nord. Sembrano quasi due paesi diversi. Ieri ho scoperto il babà”, prosegue sorridendo e rivelando, forse un po’ a sorpresa, di conoscere bene la nostra narrativa. “Tra i vostri scrittori amo Primo Levi. Per me come una tavola degli elementi”.

Dalla Corea, intanto, i suoi libri scalano le classifiche di mezzo mondo, in paesi anche molto lontani, non solo geograficamente, dal suo. “Il successo, i premi fanno ovviamente piacere - ammette - Ma non ci avevo mai pensato. Scrivo per un bisogno di esprimermi. Il fatto che anche mio padre (Han Seung-won) abbia avuto una carriera da scrittore, sin da bambina ha reso per me la scrittura un processo molto naturale”.

Al centro del nuovo libro, la storia di un ragazzo di 15 anni coinvolto nella protesta contro il regime dell’allora presidente Chun Doo-hwan, attraverso la narrazione di sei differenti personaggi. "C’è grande differenza tra scrivere della propria interiorità o invece di fatti storici - prosegue la Kang - Mi sono sentita estremamente responsabile. Parlando di un massacro, il libro parte inevitabilmente dalla violenza. Ma quello che volevo raccontare è il percorso che dalla brutalità e dalla crudeltà degli atti umani arriva, quasi una celebrazione, alla dignità. Riportare alla memoria fatti così gravi serve a ristabilire una sorta di equilibrio. Parlare della violenza, della possibilità di una redenzione dell’uomo, in quanto essere capace di distinguere tra Bene e Male, ė credere nell’essere umano”. Il pensiero, inevitabilmente, corre alla situazione nel suo paese e alle tensioni internazionali di questi ultimi mesi. “È un momento in cui tutti dobbiamo fare attenzione a quello che sta succedendo e agire con cautela - risponde lei - Penso anche che dovremmo prestare sempre attenzione a quello che impariamo dalla Storia. Studiare cosa accade con una guerra dovrebbe essere un monito per il presente. Oggi - prosegue - dovremmo riunire le persone che vogliono una possibilità di pace nella penisola coreana. Se non si costruisce solidarietà tra le persone è molto difficile si possa mantenere un equilibrio”. E per il suo di futuro, cosa vede Han Kang? “Tempo fa come obbiettivo personale volevo dedicarmi a una trilogia - conclude - Al momento sto continuando a lavorare su queste tematiche. Vedremo cosa ne nascerà. E se magari si potrà sviluppare in più libri”.

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