ROMA - "L'obesità è il nemico pubblico numero uno. L'Italia sta perdendo posizioni in termini di longevità, aspettativa di vita, e sta dimenticando la dieta mediterranea. Ma se in casa gli italiani riescono a mantenere un regime alimentare abbastanza equilibrata, i buoni propositi saltano nei consumi fuori casa. Il problema di porzioni e nella composizione della dieta sta nel cornetto e cappuccino al bar a cui spesso seguono tramezzini e pasti senza frutta e verdura a mensa e nelle pause pranzo". Lo ha detto Gabriele Riccardi, endocrinologo ed esperto di malattie del metabolismo presso l'università di Napoli Federico II, intervenuto all'incontro su cibo e sostenibilità promosso a Roma dal Barilla Center for Food and Nutrition.
Lo stile di vita attuale, ha sottolineato Riccardi, "è obesogeno; l'emergenza dei tanti in sovrappeso non può essere riconducibile a scelte individuali. Non sono tutti ghiottoni, 'scontrollati'". C'è un problema che riguarda la società tutta, E l'obesità è una grave epidemia che va sconfitta sul piano epidemiologico".
Per rendere nel concreto la dieta mediterranea una pratica di tutti i giorni, a giudizio dei Riccardi, "serve un Tavolo di concertazione col governo, le associazioni di consumatori, l'industria alimentare, le organizzazioni agricola. Il governo dovrebbe in particolare incentivare l'innovazione della dieta mediterranea. Pasta e ceci non può essere l'unica declinazione dei legumi, che possono invece diventare materia prima per nuovi snack e menu nelle mense collettive. Ci vuole investimento per creare un nuovo modo di mangiare mediterraneo. E serve un approccio epidemiologico, come fatto per il fumo - conclude l'esperto endocrinologo - a livello di popolazione, di sanità pubblica. Importante è preservare il diritto del consumatore di fare scelte alimentari giuste e sostenibili".
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